Il direttore risponde. Aborto, «fare rete» per la vita
Caro direttore,
rispondo con piacere alla lettera della gentile dottoressa Diegoli pubblicata su "Avvenire". Le problematiche evidenziate, soprattutto in relazione a quanto la sanità faccia in Italia «per preferire la nascita», sono di grande rilievo. Il numero delle interruzioni volontarie della gravidanza è in costante diminuzione, come risulta dai dati contenuti nella Relazione sull’attuazione della legge n. 194, che presenterò nelle prossime ore al Parlamento. Nel corso degli anni è andato crescendo il numero delle donne con cittadinanza estera che fanno ricorso all’aborto, raggiungendo nel 2010 un terzo del totale mentre nel 1998 tale rapporto era di un caso su dieci; anche questa tendenza inizia, però, a mostrare un rallentamento. Non c’è dubbio che la prevenzione sia ancora da potenziare. Al riguardo, il Comitato nazionale di bioetica, in un documento del 2005, ha messo in luce i diversi aspetti da consideare: «L’aiuto alla donna in gravidanza esige profili di intervento diversi e complementari, che coinvolgono dimensioni educative, psicologiche, sanitarie e sociali». I contesti che portano all’interruzione della gravidanza devono essere valutati a tutti i livelli, a cominciare da quello istituzionale e pubblico, per proseguire con quello, assai meritorio, dell’associazionismo, soprattutto quando ci troviamo in presenza di una famiglia di debole condizione economica con già tre o quattro figli che, inaspettatamente, si trova a dover far fronte al nuovo arrivo. Sono situazioni complesse, ma non sempre senza via d’uscita, che richiedono concreta accoglienza e sostegno. Spesso la solitudine è la cosa più terribile e, in questa prospettiva, diviene decisivo l’apporto che i consultori, insieme al Terzo Settore e al volontariato, possono fornire a queste famiglie. Devo ammettere che i consultori familiari non sono stati sufficientemente potenziati né adeguatamente valorizzati, soprattutto in alcune aree del Paese. In diversi casi l’interesse intorno al loro operato è stato scarso. Quella dei consultori resta così una sfida che si deve vincere, realizzando una vera rete di protezione e di aiuto nei confronti delle donne che si trovano ad affrontare una gravidanza difficile. Ma dobbiamo trovare il modo di mettere in rete i consultori familiari insieme con gli altri servizi, sia sanitari che socio-assistenziali, degli enti locali, del Terzo Settore e del volontariato. Senza il binomio sussidiarietà-solidarietà non si vincono sfide così impegnative.
Renato Balduzzi - Ministro della Salute