A proposito di stili di vita: la necessaria via mediana
Caro direttore,
sono nato nel 1957, in casa. Sino a quattordici anni ho portato i calzoni corti, spesso di seconda mano di mio cugino. Andavamo a mangiare la pizza una volta ogni due mesi tutta la famiglia, poi al cinema. Avevamo una sola macchina, un solo televisore, un solo telefono fisso. Tutti (o quasi) avevamo un orto in giardino e si andava due settimane all’anno in vacanza; si andava a scuola in bicicletta con un amico e la mamma era spesso casalinga o lavorava in casa; si parlava in italiano ma i genitori ci insegnavano anche il dialetto, oltre all’educazione civica; si dava del 'lei' alle persone più grandi e i genitori non davano mica ragione ai figli nelle controversie con gli insegnanti. C’era un controllo dei genitori anche sui figli degli amici e la segnalazione di monellate era accettata e condivisa; si faceva colazione in casa con caffellatte e pane, si mangiava molta minestra di verdura e ogni tanto una bistecca. Si giocava per ore e ore, giovani e adulti a calcio nella piazza del paese. Si faceva un mutuo per acquistare la casa solo quando si aveva in tasca (o sul libretto di banca) minimo il 50% del costo dell’immobile. Oggi tutto quello che facciamo è l’opposto di allora. Abbiamo, in una famiglia di quattro persone, quattro cellulari, quattro automobili, tre televisori; usciamo diverse volte alla settimana per una pizza, facciamo colazione al bar, mangiamo spesso cibi preparati e non abbiamo più un’alimentazione sana. Lavorano quasi tutte le mamme e nessuno si permette di dare un ceffone al proprio figlio perché ha sbagliato; non si insegna più educazione civica ai figli e nemmeno il dialetto. Siamo tutti più indebitati e meno felici. Ma non esiste una via di mezzo fra gli anni Sessanta del Novecento e oggi? Io credo di sì e dovrebbe essere il ritorno alla sobrietà, alla parsimonia e al risparmio, la vera decrescita felice.
Lei, come tanti altri lettori, sa che non amo parlare di 'decrescita' e tantomeno di 'decrescita felice', ma di un’altra modalità del necessario sviluppo delle nostre società. Quella che lei, caro signor Revereberi, definisce 'via di mezzo' mi piace moltissimo. È parte integrante della coraggiosa e lucida via mediana che vorrei per il mondo e per la nostra Italia ascoltando, comprendendo a fondo e facendo tesoro della lezione di Benedetto XVI nella 'Caritas in veritate' e di papa Francesco nella 'Laudato si’'. Grazie.