Opinioni

Il direttore risponde. A proposito di regole. E di golpe

Marco Tarquinio sabato 10 novembre 2012
Caro direttore,lei sa che quel che sta avvenendo sulla legge elettorale è "tecnicamente" un colpo di Stato. Una maggioranza politica cambia la legge elettorale per vincere le elezioni e la ricambia per non perderle. Si chiama totalitarismo. Sto mandando in giro questo messaggio, perché il mio allarme sia condiviso. Se il presidente Napolitano approva e firma dimostra di avere una cultura politica antiliberale, che mette in primo piano gli scopi (buoni!?) da raggiungere e in ultimo piano i metodi, liberali e ispirati a una cultura politica di libertà. Che è SEMPRE E SOLTANTO "libertà di usare mezzi differenti" essendo i fini impregiudicati. Da un punto di vista liberale. (Dal punto di vista di Gesù Cristo, poi, è meglio non stare a controllare cosa dice Gesù con durezza in proposito di "mezzi e fini"). Raffaele Ibba, Cagliari
Caro direttore, nel 1953 il Partito comunista e i suoi alleati assieme ai partiti della destra (Msi e monarchici) chiamarono "legge truffa" la legge elettorale che assegnava un premio alla coalizione di liste che superava il 50% dei voti. Ora gli eredi di quei partiti, con la scusa della governabilità, dopo avere eliminato le minoranze più piccole con lo sbarramento del 5%, discutono – e non trovano l’accordo – per assegnare premi alle liste e alle coalizioni di liste che non hanno la maggioranza nel Paese. Evidentemente sono cambiati i tempi. A me sembra in peggio perché si vuole affidare il governo del Paese alla più grossa minoranza. Luigi Celebre Ha proprio ragione, caro professor Ibba, meglio non tirare in ballo Nostro Signore a proposito di regole del voto... Ma sul merito della sua protesta stavolta non sono d’accordo (anche se non è affatto sbagliato cogliere le manovre e i giochi che si stanno sviluppando attorno al tavolo dove si discute la nuova legge elettorale). Non sono d’accordo, perché ogni volta che in Italia si mette mano a questo tipo di norme si sente subito parlare di «colpo di mano» o, proprio come fa anche lei, di «colpo di Stato». E perché mi pare più azzeccata l’opposta e altrettanto polemica riflessione del signor Celebre. L’attuale legge elettorale – come si sa lo sostengo da tempo e senza esitazioni – va infatti assolutamente cambiata. E non perché sia a sua volta una "legge truffa", ma perché è una brutta legge. Non piace ai cittadini perché consegna non a loro ma alle segreterie dei partiti il potere di scegliere gli eletti. E non piace neanche alla Corte Costituzionale perché non regola a dovere l’attribuzione del premio di maggioranza. Oggi – faccio un’ipotesi limite, ma non strampalata – tra cinque contendenti che raggiungono il 15-16% dei consensi le regole vigenti assegnerebbero il 55% dei seggi della Camera dei deputati a quello pur in netta minoranza che ha preso un voto in più delle altre... Quanto al "far vincere" e "far perdere", le leggi elettorali non danno quasi mai il risultato atteso da chi le ha volute. Il "Mattarellum", per esempio, fu voluto dalla Dc e accompagnò la fine di quel grande partito e la perdita di centralità della formazione che ne era l’erede più diretto, il Ppi. Il "Porcellum" fu, invece, votato dal centrodestra e alla prima prova, nel 2006, fece vincere (tormentosamente, per la verità) il centrosinistra. Con entrambe, poi, le rivincite hanno sempre visto trionfare chi aveva perso la volta precedente. Quelle leggi hanno, insomma, garantito due cose. Una buona: la democrazia dell’alternanza. E una cattiva: partiti e coalizioni assemblati in modo caotico e incapaci di reggere alla prova del governo. Per di più l’una e l’altra legge hanno prodotto la peggiore delle malattie di una democrazia degna di questo nome (e la nostra, grazie a Dio, lo è): l’allontanamento della classe politica dal popolo che è chiamato a votare. Cambiare, quindi, non solo si può ma si deve. E se non adesso, quando? Una postilla finale: Beppe Grillo, con più vigorìa di altri, sta gridando in queste ore al «golpe». La crescita elettorale delle liste del "suo" movimento è stata impressionante e la protesta-proposta a cui sta dando ali va guardata comunque con tutta l’attenzione e tutto il rispetto che si devono a ciò che germina "dal basso" e lo fa chiedendo democratici consensi. Ma impressiona anche la rapidità con la quale Grillo ha gonfiato le corde vocali per proclamarsi "azionista di riferimento" nel panorama politico di una Terza Repubblica tutta da immaginare e, dunque, defraudato numero uno della possibilità di prendere il potere a causa dell’innalzamento al 42,5% della soglia per ottenere il premio di governabilità. Boom! Bisogna avere senso della misura e una sana repulsione per il "teatrino della politica" per essere davvero differenti in un’Italia che reclama pulizia, sobrietà e disinteresse da chi si candida a rappresentarla. E di quelli che hanno già vinto prima di correre, e di quelli che si sentono permanentemente vittime di congiure, e di quelli che "la libertà siamo noi", e di quelli che "il popolo sono io", ne abbiamo avuto francamente abbastanza. Sul serio ricominciamo? E questo sarebbe il nuovo? Davvero, cari amici, non voglio crederci.