Caro direttore,d’accordo che oggi nessuno prende più esempio dal passato, anche perché del passato nessuno si ricorda più (e magari un po’ è anche responsabilità di noi insegnanti). Ma non le pare che la nuova legge elettorale, così come si viene configurando attraverso incontri più o meno riservati, non abbia alcuni elementi che ricordano la cosiddetta "legge truffa" del 1953? Quella normativa, che fu osteggiata dalle opposizioni di sinistra e di destra, era una correzione del proporzionale in vigore e prevedeva un premio di maggioranza consistente nell’assegnazione del 65% dei seggi alla Camera alla lista che avesse superato il 50% dei voti. Per ciò che è emerso finora, la nuova legge elettorale, oltre all’abolizione delle preferenze e all’introduzione di un doppio turno fittizio, prevede un premio di maggioranza su una soglia di sbarramento che è molto minore. E sulla percentuale di questa soglia la trattativa è ancora in corso. Perché ciò che all’epoca fu stigmatizzato come truffaldino oggi non lo è più? Che cosa ne pensa?
Adriano Fabris, professore di Filosofia morale, Università di PisaChe cosa penso, caro professor Fabris? Constato e, dunque, ragiono sul fatto che tutti i meccanismi "maggioritari" sono imputabili – in una qualche misura – di piegare la realtà, trasformando un consenso elettorale "meno minoritario di altri" nella maggioranza che per un po’ controlla il Parlamento e assume il governo di un Paese. Nella nostra Europa succede ogni volta che si vota in nazioni come la Gran Bretagna (maggioritario a un turno), la Spagna (proporzionale corretto) e la Francia (maggioritario a due turni). In Germania invece no, perché lì (come altrove) ci sono robuste soglie di sbarramento, ma non ulteriori (espliciti o impliciti) premi di maggioranza, e dunque le politiche e le fatiche di coalizione – e, ogni tanto, di grande coalizione – sono e restano la strada maestra per dare vita ai governi.Ma torniamo al punto che lei focalizza. Qualche lettore forse ricorda che, personalmente, ho una predilezione per i sistemi elettorali e istituzionali che consolidano e ampliano la rappresentanza e che privilegiano il ruolo del Parlamento pur consentendo agli elettori di esprimere un’indicazione chiara per il governo del Paese. Da sempre, per esempio, sono favorevole a coalizioni dichiarate agli elettori prima del voto e mi piace un capo del governo con poteri analoghi a quelli del cancelliere tedesco . Detto questo, prendo atto del fatto che un "soccorso" in seggi al "vincitore relativo" viene garantito in quasi tutte le democrazie. E annoto un piccolo grande paradosso: sono soprattutto i regimi dittatoriali o para-dittatoriali che tentano, invece, un’impossibile "legittimazione" ostentando periodicamente maggioranze assolute, spesso schiaccianti, schierate a sostegno della guida o del caudillo di turno...Avrà già capito, caro professore, che non amo, ma non mi scandalizza granché l’idea che il 37% (o, meglio, almeno il 40%) degli italiani possa esprimere, a ben determinate condizioni, una salda maggioranza di governo. Ritengo, infatti, che sia molto difficile governare efficacemente una società complessa (e quella italiana lo è, eccome) con poco più di un terzo dei consensi reali. Ma non dimentico che le due grandissime alleanze multicolori capaci di arrivare sino al 40-45% dei voti che abbiamo visto in campo a più riprese negli anni della Seconda Repubblica (quelle, per intenderci, da Bertinotti a Mastella e da Bossi a Pisanu) hanno fallito regolarmente i loro sbandierati obiettivi.Continuo, piuttosto, a trovare scandaloso che negli accordi di questi giorni, e di queste ore, non sia previsto che ogni elettore possa esprimere una preferenza per il "suo" parlamentare o possa contribuire attraverso il meccanismo delle primarie alla selezione dei candidati in lista (o del candidato nel seggio uninominale). E considererei sbagliato e ingiusto un sistema dotato di meccanismi di sbarramento anti-frammentazione che, alla fine, non consentisse neanche un minimo "diritto di tribuna" parlamentare per forze politiche comunque significative nella realtà socio-politica italiana. Credo, infatti, che una virtù cardine della democrazia piena sia la "inclusione".Quanto, infine, alla famosa e vituperata "legge truffa" del 1953 – proposta e, in modo tormentoso, varata dal Governo guidato dal grande Alcide De Gasperi – ripeto volentieri quel che in passato ho scritto sia qui che altrove: quel sistema elettorale, in realtà, era meno truffaldino di tantissimi altri, anzi truffaldino non era proprio perché non trasformava una minoranza in maggioranza, ma poteva dare più forza parlamentare a una maggioranza che già fosse tale in termini elettorali, dato che il cospicuo premio in seggi veniva assegnato al partito (o alla coalizione di partiti) che avesse raggiunto la maggioranza assoluta (50% più uno) dei voti validi. So anch’io, però, che ogni tempo ha le sue "truffe", vere o soltanto percepite. E penso che in questo 2014 – dopo vent’anni di minoranze trasformate in maggioranza grazie ai meccanismi del Mattarellum e del Porcellum e di maggioranze in seggi rivelatesi regolarmente una rissosa illusione – la "truffa" più insostenibile sarebbe quella di un teatro delle chiacchiere che distogliesse dalle grandi urgenze italiane (lavoro, famiglia, giustizia, carceri...) attraverso un vorticoso ma sterile dibattito sui massimi sistemi. Sarebbe un disastro una riforma solo annunciata e non finalmente perfezionata – non uso per caso questo verbo – in Parlamento...