Il direttore risponde. A pensar bene non si fa peccato (e tra fratelli è la cosa giusta)
Gentile direttore,
su "Avvenire" di giovedì 26 giugno, mi sono imbattuto in un’intera pagina in cui si pubblicizzavano i libri di padre Alex Zanotelli in occasione del 50° di sacerdozio. In questo paginone pubblicitario, che avrebbe potuto far invidia a Dolce & Gabbana e Versace messi assieme, Zanotelli viene presentato come il «missionario a fianco degli ultimi». Vi è inoltre un virgolettato che recita: «Il posto della Chiesa è tra i poveri». Non voglio in questa sede entrare nel merito delle opinioni e delle prese di posizione di padre Zanotelli (che, in ogni caso, sono spesso in forte contrasto con il Magistero della Chiesa), ma non le sembra grottesco che il «paladino della Chiesa degli ultimi» e la sua casa editrice si comprino un’intera pagina del suo giornale per pubblicizzare il giubileo di sacerdozio? Di che povertà stiamo parlando, quella cristianamente intesa (e troppo fraintesa) di Papa Francesco, o quella dei salotti radical-chic? Quanti preti nel mondo che fanno semplicemente il loro mestiere e che non si riempiono la bocca tutti i giorni di «povertà», «lotta al potere», «alternativa all’Impero», ma professano il cristianesimo così com’è (per dirla con C.S. Lewis), si possono permettere una pagina su un quotidiano nazionale per autocelebrare il proprio 50° di sacerdozio, come invece può permettersi il «povero» Zanotelli? E non mi si risponda che è tutta farina del sacco della casa editrice e che avrebbe potuto riguardare chiunque, perché allora io dico: bene, allora "business is business" (gli affari sono affari) anche per Zanotelli, quando fa comodo? Molto cordialmente
Gianluca Selmi