Riforma per i giovani. A 18 anni si può e si deve eleggere il Senato
Sarebbe un delitto andare ancora una volta alle elezioni senza dare il pieno diritto di voto a milioni di elettori dimezzati, ovvero alle cittadine e ai cittadini tra i 18 e i 24 anni, che ancora non hanno il diritto di eleggere l’esatta metà (politica) del Parlamento, cioè il Senato della Repubblica. Si tratta di 4,5 milioni di persone maggiorenni, l’8% degli elettori. Per evitare questa ingiustizia basta che il Parlamento cambi la parola “venticinquesimo” con “diciottesimo” nell’articolo 58 della Costituzione (“I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età.”).
I Parlamentari avrebbero potuto farlo negli ultimi quattro anni, e sono stati sollecitati molte volte in questo senso. Nell’anno che ci separa dalle elezioni hanno ancora il tempo per questa semplice e importantissima modifica costituzionale. Ed è difficile capire perché nessun partito prenda l’iniziativa per cancellare questa ingiustizia. L’Italia è l’unico Paese nel quale solo la parte più anziana della popolazione detiene il diritto di eleggere tutti i Parlamentari e, quindi, di determinare indirettamente quale sarà il governo del Paese visto che nessun esecutivo può fare a meno del voto di fiducia del Senato. Quasi ovunque nel mondo si eleggono i parlamenti e si determinano i governi a partire dalla maggiore età: 18 anni. In 11 Paesi 300 milioni di cittadine e cittadini votano già dai 16 o 17 anni. In 16 altri Paesi si vota dai 19, 20 o 21 anni. I 25 anni necessari per eleggere la Camera Alta del nostro Parlamento rappresentano una “soglia” che non ha eguali nel mondo.
Noi italiani “anziani” siamo in proporzione più numerosi e abbiamo più potere, occupazione, reddito, patrimonio e privilegi di quanti ne abbiano i giovani adulti. Per questo molti di essi sono e si sentono sempre più esclusi dal tessuto sociale. La disoccupazione giovanile e l’emigrazione dei giovani, specialmente dei laureati, sono tra le più alte nei Paesi industrializzati. Per giunta, proprio quei milioni di giovani che più patiscono tali piaghe sociali, non hanno diritto di eleggere tutti coloro che, da legislatori, potrebbero cercare di porgli fine. Ma senza riequilibrare a favore dei giovani la bilancia sociale, economica e politica, l’Italia non può modernizzarsi, né essere all’altezza delle sfide dell’avvenire. È per questo che dal 2013 a partire dalla spinta di cinque promotori – Elda Lanza, Vitaliano Damioli, Oliviero Toscani, Wolfgang Gründiger oltre a chi scrive (la media delle nostre età è 72 anni) – è in corso la petizione “Voto a 18 anni per il Senato” , indirizzata alle massime autorità della Repubblica e ai Parlamentari.
Non è un caso che la più alta soglia di età per ottenere i pieni diritti politici esista proprio nel nostro Paese. L’Italia spicca infatti nelle classifiche internazionali come il secondo Paese al mondo per percentuale di noi “anziani” e come uno dei Paesi più “gerontocratici”. Secondo uno studio dell'Università della Calabria, con un'età media di 59 anni gli uomini di potere italiani sono i più vecchi d’Europa: l'età media dei banchieri è 67anni, quella dei professori universitari 63. Nell’ultimo “Indice di giustizia generazionale” di Pieter Vanhuysse, del European Centre for Social Welfare Policy, l’Italia è ventisettesima su 29 Paesi dell’Ocse. L’indice consta di quatto indicatori: debito pubblico pro capite dei minorenni, povertà infantile, rapporto tra la spesa sociale pro capite per gli anziani e quella per il resto della popolazione, impronta ecologica pro capite.
In quasi tutti i Paesi dell'Ocse, il potere e la prosperità degli anziani crescono da decenni a scapito dei giovani. Dal 1990 al 2005, l'età mediana dell'elettore in questi stessi Paesi è cresciuta tre volte più velocemente che nei trent'anni precedenti. Nei Paesi più ricchi una popolazione sempre più anziana e una percentuale di votanti anziani sempre più alta generano uno squilibrio politico a favore di questi ultimi. Per controbilanciare questa tendenza, e quella mondiale dei giovani a votare sempre di meno, in molte nazioni si moltiplicano le iniziative (in Italia, a suo tempo, si mobilitarono per questo le Acli) per dare i pieni diritti elettorali a partire dai 16 anni. In Italia, però, persino col voto a 16 anni per la Camera dei deputati resteremo di gran lunga l’ultima nazione al mondo in fatto di diritti politici dei giovani, se manterremo anche alle prossime elezioni l’anacronistico sbarramento del “venticinquesimo anno” per eleggere i nostri senatori.