Il nuovo anno. Dalla A alla Z, ecco le parole per capire il 2023. E sperare
Calendario 2023
Ai ChatGPT
Le è bastato un mese per portare scompiglio a livello globale. Tecnicamente fa parte dei Large Language Model, un programma di intelligenza artificiale che ha digerito un immenso numero di contenuti ed è in grado di scrivere a comando qualsiasi contenuto, in molte lingue e stili. Si può interrogare ChatGPT, figlia della società di magnati Usa e geniali scienziati informatici OpenAI, e lei risponde docile con un testo dotto e senza refusi. Può fare i compiti scolastici o sostituire un giornalista. Forse indottrinerà chi ne rimane ammaliato, perché è guidata dagli algoritmi dei suoi creatori. Di certo sarà il fenomeno del 2023.
Bitcoin
È stato un anno terribile per chi ha investito in criptovalute. Dicevano che questi asset digitali garantiti dalla blockchain avrebbero difeso dall’inflazione provocata dalle banche centrali a furia di stampare moneta. Lo dicevano quando l’inflazione non c’era: invece è arrivata e le criptovalute sono franate. Tra gennaio e dicembre il bitcoin ha perso il 65% del suo valore. Sono crollate anche alcune delle principali Borse delle crypto, su tutte l’ormai famosa Ftx. E adesso c’è chi vede per i bitcoin e i suoi simili una sorte simile a quella dell’esperanto: diventare una curiosità irrilevante da ricordare con simpatia.
Cura
Di cosa abbiamo bisogno, adesso? Ecco i fenomeni che osserviamo e sperimentiamo: paura che il Covid rialzi la testa, e che la guerra finisca per trascinarci nel suo gorgo; incertezza sul futuro, specie in chi ne ha molto davanti a sé; attesa spesso frustrata di assistenza su misura per le esigenze di una popolazione che invecchia e di terapie adeguate per patologie e disabilità crescenti; compagnia per le troppe solitudini; sostegno a famiglie che si sentono abbandonate a sé stesse; fame di accoglienza dei migranti in cerca di speranza... Tutte ferite che chiedono che ci si accorga di loro. E che domandano Cura.
Donne
Sulla traiettoria della Storia, il 2022 ha fissato il punto di non ritorno per il ruolo delle donne: in tutto il mondo, con la forza misteriosa di un sentimento condiviso, sono arrivate in prima linea, protagoniste di una svolta destinata a ricalibrare gli equilibri nel tempo che ci attende. Si declina al femminile la politica in Europa – che in Italia porta il nome di Giorgia Meloni. Mentre è affidata al coraggio delle donne la spinta che fa tremare i regimi più oppressivi: le afghane custodiscono sotto il velo una rivoluzione silenziosa; le iraniane danno la vita pur di toglierselo. La sfida è lanciata, raccolta dalla società civile. Il cambiamento è in cammino.
Eroi
È stata parola persino innaturale nell’attitudine antiretorica che ha felicemente segnato dal dopoguerra e per decenni la società e la cultura italiane. Da qualche anno invece non solo “eroe” ha rifatto capolino ma è diventato un refrain urgente fino all’automatismo nelle narrazioni quotidiane. E non se ne andrà. Gli eroi del Covid, gli eroi di Wembley, gli eroi della Azovstal... Ma la retorica dell’eroe ha un problema: nasconde la complessità della storia con la coperta della leggenda. Si abbattono i monumenti agli ex-eroi pensando che il problema sia l’uomo. E non si capisce che invece il problema è proprio il monumento.
Fusione
Con la fusione nucleare l’energia delle stelle è diventata un’immagine ottimistica di futuro. Sicura, accessibile, illimitata e soprattutto capace di offrire quel cambio di passo nell’implementazione di politiche green in grado di salvare il nostro pianeta dal disastro climatico. Ci si lavora notte e giorno negli Stati Uniti, in Europa, in Italia. Basta poco, ormai. E nel trovare il modo di ottenere energia da un processo di fusione nucleare, nemmeno la guerra in Ucraina ha fermato la collaborazione scientifica tra Usa e Russia. Il futuro può essere migliore.
Giovani
In un’Italia che fa sempre meno figli e che invecchia rapidamente, i giovani rischiano di dover essere affidati al Wwf come specie protetta. Eppure mai come oggi, specie dopo due anni di pandemia che li ha ulteriormente limitati, ai giovani dovremmo prestare una cura straordinaria. Il 2023, nel Paese con record di giovani che non studiano e non lavorano, offre segnali contraddittori. Si pensi al dibattito sulla sorte (segnata) della 18App o sul merito nella scuola. A noi però piace immaginare che il nuovo anno riceva dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona (in agosto, con la partecipazione del Papa) la forza per rimettere al centro le nuove generazioni. Ne va del nostro futuro. Che è già presente.
Identità
Che cosa ci caratterizza? Che cosa ci unisce? Qualcosa di forte e importante, di cui essere orgogliosi e da difendere con determinazione. L’impulso identitario che soffia sulla scena italiana rischia di essere escludente e conflittuale. Ma le identità fluide, mutevoli, inclusive e anche contraddittorie sono un mastice sufficiente per tenere insieme la società e non farla esplodere nell’individualismo sfrenato? La politica delle idee si dibatte in questo dilemma. Alzare i muri e lanciare parole d’ordine rassicura nello smarrimento della modernità ma non è la soluzione migliore. Trovarla è un compito urgente.
La/Le
“La” e “le”: articolo determinativo femminile singolare e plurale. Normalmente usato quando serve a indicare le professioni tradizionali (la maestra, la segretaria… ) e quelle di livello medio basso (la bidella, la cameriera… ), anacronisticamente contestato invece quando il lavoro è di prestigio (la sindaca, la magistrata) e di finora esclusivo appannaggio maschile (la premier, la diplomatica). L’augurio per il 2023 è che si esca da questa indecisione e sia chiaro a tutti e a tutte: le donne sono in grado di svolgere qualsiasi mestiere, e rimangono donne. Anche nell’articolo. Femminile, senza dubbio.
Merito
Ci sono i punti di partenza, prima. Le opportunità sin dalla nascita, i contesti, le radici: quanto tempo, quanta competenza e quanta passione ci vuole per equilibrare, per mettere più ragazzi possibili sulla strada comune di un buon futuro? Poi, secondo passo, ci sono i percorsi, i mezzi, gli strumenti: sono uguali, o almeno omogenei, o quantomeno non estremamente diseguali tra famiglie, quartieri, città, periferia, Nord, Sud, Centro? Infine, certo, c’è il merito, il giusto riconoscimento a chi ha dato qualcosa in più. Questo è l’ordine che realizza giustizia. Confondere Istruzione e Merito, a partire dal nome di un ministero, è il vero appiattimento.
Nazione
Il termine nazione è tornato in auge nel mondo. Non è una brutta parola, ma dipende. “Nazioni Unite”, per esempio, è un abbinamento che suscita speranze, purtroppo spesso malriposte. Perché la democrazia è in crisi a livello globale (non basta un Parlamento formalmente eletto) e la parola “nazione” volge non di rado lo sguardo all’indietro, al sua significato “etnico” di appartenenze e tradizioni immutabili, fondate sul diritto di sangue. Rieccolo, lo spettro del nazionalismo. Ma alla nazione-fazione sarebbe preferibile la nazione-Paese, che coopera con le altre e non si nega l’opportunità di avere nuovi cittadini che la amano.
Occidente
Per la Russia è il nemico “collettivo” da combattere, oggi anche sul campo di battaglia. Per Putin, la democrazia liberale ha finito la spinta propulsiva. Quest’anno però ha detto il contrario. I valori incarnati dall’Europa attirano l’Ucraina aggredita e il generoso sostegno americano ne difende la libertà. Le giovani donne di Teheran preferiscono il “nostro decadente” permissivismo all’occhiuta oppressione degli ayatollah. Milioni di persone in fuga da povertà e autocrazie bussano alle porte spesso chiuse di Paesi opulenti ma anche smarriti. Né santi né diavoli, serve il giusto senso del nostro ruolo. Di Occidente.
Poveri
Ci si nasce ancora, incredibilmente, nel terzo millennio. Ci si ritrova dopo aver navigato sulla soglia. Ci si cade di colpo. La si sceglie, addirittura. Può essere conseguenza di errori personali. O, più spesso, di responsabilità – e avidità – di altri. Si può retrocederla nei servizi televisivi o punirla a oltranza con l’hate speech dei social e il soft hate speech dei Palazzi, che accompagna lo smantellamento in corso del Reddito di cittadinanza. Ma il punto è che resta lì, visibile a ogni angolo di strada. E la fisicità della povertà, la sua totale e debole materialità, resta il motivo principale per cui una Comunità ha il dovere di farsene carico.
Qatar
Sotto la sabbia del Qatar, oltre al petrolio, ci sono contraddizioni: il Paese del Golfo si è esposto ai riflettori con il Mondiale di calcio e ha tentato in ogni modo di nascondere il lavoro schiavo usato per costruire gli stadi o i tanti diritti umani negati, alle donne per prime. Per farlo avrebbe anche recapitato sacchetti di denaro in Europa, per addolcirne i giudizi. Dell’Argentina campione si parlerà ancora nel 2023, ma ancora di più di una sovraesposizione che non fa bene alle casse di un reame impegnato a ripulite con la finanza un’immagine macchiata di petrolio e di scandali. Qatar, emblema di un nuovo potere del Golfo, e di uno stile nell’esercitarlo.
Reclusi
Chi sbaglia paga e va in galera. E poi? Scontata la pena si vedrà. Intanto, dietro le sbarre la vita è un inferno: detenuti soli con se stessi e senza speranze per il futuro, in celle sporche e sovraffollate. Il 2022 è stato un anno terribile: 83 suicidi, mai così tanti. Un lenzuolo stretto intorno al collo, l’estremo grido di dolore. E i sorveglianti? Pochi, vilipesi e anche loro dimenticati, come le mamme lasciate “dentro” senza i bambini. E i reclusi nelle carceri minorili? Condannati a vivere insopportabili giornate, scappano pur sapendo che la loro libertà durerà solo una manciata di ore. Un’ombra, e una sfida, che si allunga sul nuovo anno.
Sinodo
Più che una parola, uno stile, un modo d’essere. Una stagione che ruota intorno a un avverbio che da solo definisce un universo di riferimento: lavorare, pregare, camminare, “insieme”. È quella la chiave per capire cosa intendiamo parlando di Sinodo (che a ottobre 2023 vivrà una fondamentale assemblea generale), di Cammino sinodale, di sinodalità. Significa che la Chiesa è chiamata a interrogarsi non sulla tenuta delle sue strutture ma sulla propria presenza. Sulla capacità di realizzare in modo nuovo nel tempo che viviamo il primo compito che gli è affidato: quello di evangelizzare, di rendere disponibile a tutti il Vangelo.
Transizione
Compare, per la prima volta, nel rapporto Meadows del ‘72. È solo quest’anno, però, che la transizione ecologica ha cominciato il passaggio dalla carta alla realtà. La fame di energia provocata dalla crisi ucraina ha spinto Washington a sborsare 370 miliardi di dollari per investimenti nelle rinnovabili, pur senza rinunciare ancora ai combustibili fossili. A novembre, Bruxelles ha accelerato sui permessi mentre la Cop27 ha aperto ai risarcimenti per i Paesi poveri colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Certo, è solo un timido inizio. La strada da fare è lunga e affatto irreversibile. L’augurio è che il 2023 sia un anno di passi avanti.
Ucraina
Era il Paese delle badanti, inutile ora essere ipocriti e negarlo. Per un attimo la propaganda di Mosca l’ha reso un nido di esaltati nazisti. Poi abbiamo scoperto la bellezza e la modernità di Kiev e di tante altre città. Il coraggio di un intero popolo, unito e innamorato della propria terra. La capacità di resistenza e la miseria di campagne rimaste a secoli fa. La cultura e la fede nelle vene di milioni di profughi dignitosi. Sarà un Paese dell’Unione Europea o un vassallo della Russia? La sua sorte ci riguarda e ci interroga tragicamente tra guerra e pace. Da lì il conflitto può estendersi e risucchiarci. Il centro dei nostri pensieri. Ieri e anche domani.
Vincitore
«Un vincitore è un sognatore che non si è arreso», ha detto una volta Nelson Mandela. E, allora, Lionel Messi è il Vincitore per aver creduto nel sogno: diventare campione del mondo. Ma la sua parabola sportiva ci fa vedere l’altra faccia della medaglia: per l’opinione pubblica se vinci cento battaglie, ma non la “guerra”, resti un vinto. Nel caso dell’Argentina, se in Qatar Messi avesse sbagliato il rigore decisivo e non avesse riportato 36 anni dopo la Coppa del Mondo a Buenos Aires, sarebbe stato condannato, per sempre, alla solitudine dei numeri 1. Vincere, oggi più che mai, è esaudire i desideri di un mondo che non contempla la sconfitta e che ti giudica “fallito” anche se sali sul podio, ma non puoi farti il selfie sul gradino più alto.
Ztl
È l’acronimo di “Zona a traffico limitato”, indica le aree urbane centrali, dove sono ammesse solo le auto pulite, o quelle che pagano, dove la mobilità leggera è padrona, come i tanti simboli del privilegio. Una Ztl si può sognare, oppure odiare, rappresenta la tensione tra centri e periferie, quando il governo delle metropoli è frammentato e il consenso mal (re)distribuito. Più che un’area è una trappola, incubo della sinistra in cerca di identità politica e ambientale, bersaglio della destra che avanza come un diesel. Serve far pace su mobilità e salute, centro e periferia. Siamo sulla stessa barca:ci tocca tutti remare.
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