Se politica dei piccoli passi doveva essere, si può affermare che i passi, durante i giorni moscoviti del cardinale Matteo Zuppi conclusi ieri, sono stati compiuti. Come ad esempio il secondo incontro con il consigliere di Putin, Yuri Ushakov. Un risvolto inatteso che, si fa notare da parte russa, è servito per «riassumere i risultati», dopo che giovedì l’inviato del Papa aveva incontrato Maria Lvova-Belova, commissario per i diritti del bambino, e soprattutto il patriarca russo-ortodosso Kirill, in un colloquio definito «fruttuoso» dalla Santa Sede e «molto cordiale» dal responsabile delle relazioni esterne del patriarcato, Antonij. Primi passi, si diceva. In attesa dei prossimi e dopo che il presidente della Cei avrà riferito al Papa. Ma intanto la sensazione è che il porporato torni da Mosca con più di quello che può sembrare dall’esterno. «È la prima missione, ci vuole tanta pazienza - notava ieri il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo -, la pace non si ottiene con un incontro, non siamo al supermercato dove si compra qualcosa». Una chiave di volta per la pace sarà proprio l’individuazione di soluzioni per il problema dei bambini deportati. Come dire che il lavoro non è certo finito. Anzi in un certo senso è appena cominciato. (Mimmo Muolo)