Padre Federico Lombardi. Sant'ignazio di Loyola, il soldato dallo spirito infuocato
"Fino a 26 anni fu uomo di mondo, assorbito dalle vanità. Amava soprattutto esercitarsi nell’uso delle armi, attratto da un immenso desiderio di acquistare l’onore vano. Con questo spirito si comportò quando venne a trovarsi in una fortezza assediata dai francesi: tutti erano del parere di arrendersi, alla sola condizione di avere salva la vita, poiché era evidente che non potevano difendersi; egli invece presentò al comandante argomenti così persuasivi che lo convinse a resistere. Tutti gli altri cavalieri erano di parere contrario, ma trascinati dal suo ardimento e dalla sua decisione, ripresero coraggio. Il giorno in cui si prevedeva l’attacco egli si confessò a uno di quei suoi compagni d’arme. Si combatteva già da parecchio tempo quando un proiettile lo colpì a una gamba e gliela spezzò, rompendogliela tutta; e poiché l’ordigno era passato tra le gambe, anche l’altra restò malconcia".
E' lo stesso sant'Ignazio che lo racconta, all'inizio della sua autobiografia "Il racconto del pellegrino". Da quella ferita, che lo costringe a restare a letto per qualche tempo, inizia il suo intenso e infuocato percorso interiore, che lo porterà a dedicare tutta la vita a Cristo e a fondare la Compagnia di Gesù.
"Lo stemma di noi Gesuiti - ha ricordato papa Francesco nel 2013, in occasione della festa di Sant'Ignazio, facendo riferimento agli Esercizi spirituali - è un monogramma, l’acronimo di “Iesus Hominum Salvator” (IHS). Ciascuno di voi potrà dirmi: lo sappiamo molto bene! Ma questo stemma ci ricorda continuamente una realtà che non dobbiamo mai dimenticare: la centralità di Cristo per ciascuno di noi e per l’intera Compagnia, che Sant’Ignazio volle proprio chiamare “di Gesù” per indicare il punto di riferimento. Del resto anche all’inizio degli Esercizi Spirituali, ci pone di fronte a nostro Signore Gesù Cristo, al nostro Creatore e Salvatore. E questo porta noi Gesuiti e tutta la Compagnia ad essere “decentrati”, ad avere davanti il “Cristo sempre maggiore”, il “Deus semper maior”, l’”intimior intimo meo”, che ci porta continuamente fuori da noi stessi, ci porta ad una certa kenosis, ad “uscire dal proprio amore, volere e interesse”.
A raccontare la figura di sant'Ignazio, in questo breve video per Avvenire, è il gesuita padre Federico Lombardi, presidente della Fondazione Ratzinger e per molti anni direttore della Sala stampa della Santa Sede.