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Ferentillo (Terni). Il Museo delle mummie

Pino Ciociola mercoledì 26 aprile 2023

Dovrebbe essere stato il terreno, insieme all’ambiente fresco, asciutto e sempre ventilato, a favorire la mummificazione di molti corpi seppelliti fino al maggio 1871 nella cripta della chiesa di Santo Stefano, a Ferentillo (Terni): dovrebbe, condizionale. Perché in realtà si sta ancora studiando quanto accaduto. Intanto crescono le presenze nel circuito museale integrato col Museo delle Mummie e la chiesa dell’Abbazia di San Pietro in Valle.

Passo indietro nel tempo: Ferentillo, in Valnerina, è diviso dal fiume Nera in due abitati, Precetto e Matterella. E dal XVI secolo proprio i morti di Precetto iniziarono a essere seppelliti nella cripta, quasi sempre direttamente nel terreno, fino all’ultima sepoltura, il 18 maggio 1871. Quando cioè un Editto napoleonico vietò di seppellire i defunti all’interno delle mura cittadine, istituendo i cimiteri extraurbani e ordinando la riesumazione dei corpi, che permise di scoprire le mummificazioni spontanee.

Le analisi del suolo, nella seconda metà dell’Ottocento, mostrarono come fosse composto soprattutto da sali di calcio, calcare e argilla, probabilmente dunque potrebbe essere stata la capacità di attrarre l’acqua a provocare la disidratazione dei corpi, mentre l’ambiente fresco, asciutto e ventilato avrebbe ancor più favorito le mummificazioni, con l’essiccazione delle parti molli e spesso la conservazione di pelle, unghie, denti, orecchie, barba, capelli. Nella cripta (che mantiene elementi architettonici ed artistici risalenti alla chiesa medievale del XIII secolo) il pavimento è la terra utilizzata per le sepolture, via via compattatasi per lo sgocciolamento dal soffitto dell'acqua sorgiva di montagna.

Dalla sua scoperta, la cripta ha attratto studiosi e visitatori, tanto che nel 1992 fu deciso di rinnovare la musealizzazione e utilizzare nuove teche per la conservazione dei corpi umani mummificati (bambini, donne e uomini), che sono ventiquattro (tre custoditi al Museo anatomico dell'Università di Perugia), oltre a dieci teste conservate, oltre duecentosettanta teschi, una bara sigillata e due volatili mummificati.