Roma. Arriva la marionetta Amal, simbolo di tutti bambini profughi. Il saluto del Papa
Alla fine la sorpresa l’ha fatta il Papa, salutando il centinaio di bambini radunati nel cortile di San Damaso, lontano da telecamere. «Come avete fatto a entrare?», ha chiesto scherzando, prima di impartire la benedizione.
Così è finita la mattina dedicata all’accoglienza di Amal, la marionetta extra large – tre metri e mezzo di altezza – che raffigura una profuga partita dal confine turco-siriano e diretta in Inghilterra. Il progetto, intitolato “The walk”, questa mattina ha fatto tappa a Roma.
Ad aspettarla in piazza San Pietro c’era il cardinal Michael Czerny, sottosegretario vaticano della sezione Migranti e Rifugiati. Con lui anche il vescovo ausiliare di Roma Benoni Ambarus, delegato per la Carità, i Migranti e la Pastorale dei Rom e dei Sinti. Amal si è fermata davanti la statua "Angels Unawares" (angeli inconsapevoli), raffigurante migranti e rifugiati da luoghi ed epoche diversi, tutti sulla stessa barca. Lì ha trovato anche una tenda raffigurante la Santissima Trinità, realizzata dagli scout dell’Agesci di Nostra Signora di Lourdes a Tor Marancia in Roma. Una scelta simbolica per due di loro, Daniele ed Elena: «La tenda è simbolo di accoglienza».
«Amal ci ricorda i bisogni speciali dei giovani migranti, soprattutto quelli che come lei viaggiano senza famiglia», ha detto ad Avvenire il cardinal Czerny. Ma questa ragazza – il cui nome in arabo significa “speranza” – parla al cuore di ognuno: «Non dobbiamo guardare Amal solo da un punto di vista geopolitico. Lei esprime un bisogno di tutti, quello di essere accolti», ha concluso Czerny. E a tutti, cittadini e istituzioni, si rivolge il cardinale scandendolo per due volte: «L’ospitalità genera vita».
I bisogni degli “invisibili”, ossia dei bambini, sono anche quelli su cui ha insistito monsignor Ambarus: «I bambini non hanno bisogno di trattati o di grandi sistemi, ma di relazioni» ha dichiarato ad Avvenire. Nella giornata di oggi, ognuno ha portato il suo contributo. La comunità degli scalabriniani ha preparato degli aquiloni per i bambini. Tra di loro Ruben dal Guatemala. È entusiasta dell’iniziativa: «Dopo tanti mesi di lockdown, è bello vedere bambini qui a “ballare la vita”».
Presente anche la onlus Pangea, che in tutto il mondo gestisce progetti di inclusione, soprattutto femminile. E ancora due ragazzi della casa di accoglienza Giona hanno portato la loro musica ai presenti. Uno dei due si chiama Sharmake, ha 17 anni e viene dalla Somalia. Con la sua energia è riuscito a far accennare qualche passo di danza anche a un paio di sacerdoti. «La mia canzone parla di amore», ci dice.
Ad aiutare l'organizzazione, i ragazzi impegnati nel servizio civile con la Caritas romana. Silva viene dalla Siria e ha 23 anni. La sua storia ci ricorda le tante Amal che popolano le nostre città. «Sono arrivata qui 5 anni fa, da sola» racconta. Oggi con la Caritas accoglie chi, come lei, ha viaggiato tanto per ricominciare una vita.
E poi ci sono loro, i veri protagonisti: i bambini, venuti da tutta Roma. Arrivano da Sant’Eligio al Prenestino, San Virgilio, San Filippo Neri a Pineta Sacchetti («er mejo», urla un bambino quando vengono nominati).
A loro si rivolge a sorpresa il Papa, che li ha radunati nel cortile San Damaso, lontano dai giornalisti. «Grazie per questa visita, potete fermarvi a giocare qui, non lasciate che vi caccino via, eh!» ha scherzato, prima di impartire la benedizione. Per Amal, invece, presto sarà tempo di rimettersi in marcia. L’Inghilterra è ancora lontana.