Giornata del migrante. A Rhino Camp, in Uganda, tra chi fugge da violenze e povertà
Conflitti, Governi repressivi e scarse opportunità economiche. Sono queste le prime tre ragioni che spingono gli africani a migrare, secondo Africa Center for Strategic Studies. La maggior parte della migrazione africana rimane nel Continente, continuando un modello consolidato da tempo.
Circa 21 milioni di africani vivono in un altro Paese africano, una cifra probabilmente sottostimata dal fatto che molti Paesi non tengono traccia delle migrazioni. In vista della Giornata Mondiale del Migrante - 18 dicembre - Amref vuole ricordare il dramma di chi è costretto a fuggire da guerre, tensioni, violenze e chi sceglie di migrare alla ricerca di una vita nuova. Come chi fugge dal Sud Sudan.
Secondo i dati riportati dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, su un totale di 13 milioni di abitanti sono circa 8,9 milioni i sud-sudanesi che necessitano di assistenza umanitaria; 2,3 milioni i rifugiati all’estero, specie in Uganda, Etiopia, Kenya e Repubblica Democratica del Congo; 2,2 milioni gli sfollati interni. Amref - più grande ong sanitaria africana, che opera in Africa - lo fa con le storie raccolte in uno dei più grandi campi profughi dell'Uganda, nel nord ovest del Paese, a Rhino Camp.
L’Uganda è infatti trai primi Paesi in Africa e nel mondo per numero di rifugiati ospitati all’interno dei suoi confini. Sono oltre 1.5 milioni, la maggior parte dalla Repubblica del Congo e dal Sud Sudan, ma il numero di persone che fuggono da conflitti, carestie e povertà aumenta ancora di anno in anno. Nel Campo di Rhino, uno dei principali insediamenti per rifugiati, vivono più di 160.000 persone, di cui l'81% sono donne e bambini.
Amref celebra questa giornata mondiale del migrante attraverso le storie di chi è fuggito e di chi opera in questo spazio di Africa remota. A Rhino Camp ogni persona che arriva dal Sud Sudan può accedere ad un pezzo di terra, per il proprio sostentamento. Simon, fuggito dal Sud Sudan nel 2006 nel video racconta che "tornare a casa è rischioso per me". Maureen ostetrica del presidio sanitario si commuove quado mima il gesto dell'auscultare i grembi delle mamme "ogni volta che sento un battito del cuore mi sento bene". Oltre alla gioia, Maureen sa che presidi come questo - dove collaborano Amref, Rice e il Ministero della Salute Ugandese, sostenuto dall'Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo - potrebbero sparire e lasciare un vuoto immenso.