Dopo Colombia, Brasile e El Salvador, oggi anche l'Ecuador ha chiesto alle donne di "rimandare" i loro programmi di restare incinte, a causa del rischio di contaminazione del virus zika che potrebbe provocare malformazioni ai feti. In Ecuador sono stati registrati ufficialmente 12 casi di zika, ma non donne incinte. E il virus sembra non fermarsi: tre abitanti di New York sono risultati positivi: tutti erano tornati da zone in cui è presente la zanzara che sarebbe colpevole della trasmissione.Il nome esatto è “infezione da virus zika”. In America Latina, però, la gente lo conosce come il “killer silenzioso”. Spesso, infatti, gli stessi malati non si accorgono di essere stati contagiati. A volte, infatti, l’infermità – trasmessa dalla zanzara Aedes Aegypti – non dà sintomi. Altre, questi ultimi – febbre intermittente, congiuntivite, dermatite, dolori muscolari – sono analoghi a quelli della dengue e della febbre gialla, con cui la zika viene comunemente confusa. A volte, per- Ifino i test rivelano false positività. Per questo, non è stato facile individuare l’epidemia, iniziata in Brasile otto mesi fa. E ormai estesa in 18 Paesi del Continente. Gran parte del 1,6 milioni di casi registrati dalle autorità brasiliane nell’ultimo anno – hanno ammesso dal ministero della Salute – rischiano di essere, in realtà, episodi di zika. Un dato, però, è certo. E sconvolgente. Nel “gigante latino”, dallo scorso ottobre, 3.893 bimbi sono nati con evidenti segni di microcefalia, oltre 1.300 nel Pernambuco. In tutto il 2014 erano stati 147. È stato questo inedito boom a spingere le autorità sanitarie a esplorare il legame tra zika e gravidanza. E, ora, gli scienziati ritengono che il virus sia micidiale per le donne incinta. Il male attaccherebbe la placenta e il feto, uccidendolo o provocandogli gravi malformazioni cerebrali. Manca, ancora, la prova definitiva. La prospettiva, però, è inquietante. Anche perché al momento non esiste vaccino né cura. E la prevenzione si limita ai normali repellenti anti-zanzare. L’unico modo per fronteggiare l’epidemia – la più grave da quando il virus è stato scoperto in Uganda, nel 1947 – è la disinfestazione a tappeto e la bonifica degli acquitrini. Per realizzarle, però, ci vorrà tempo. Intanto le autorità di varie nazioni latinoamericane hanno dichiarato lo Stato di emergenza. In primis quelle di Brasile e Colombia, i due focolai principali dell’infezione. Le autorità di Bogotà hanno censito ben 13.500 casi. E si teme che possano sfiorare i 700mila nei prossimi mesi. «Siamo il secondo Stato più colpito», ha detto il ministro della Sanità, Alejandro Gaviria. Quest’ultimo – proprio come l’omologo brasiliano – è arrivato a sconsigliare le gravidanze almeno fino a luglio, quando si spera che, con l’approssimarsi dell’inverno, la malattia dovrebbe arretrare. I governi hanno ribadito «il massimo rispetto per i diritti individuali ». La misura estrema non mancherà, in ogni caso, di sollevare polemiche. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno individuato tre casi in Florida: i colpiti erano stati in Dicembre in Colombia e Venezuela. Per questo, il Centro di controllo per le ma-lattie infettive ha emesso un’allerta sconsigliando alle donne incinta i viaggi nelle aree a rischio. L’epidemia, dunque, rischia di avere effetti importanti sul turismo, soprattutto in Colombia e Brasile. Quest’ultimo ha visto una raffica di cancellazioni improvvise dei soggiorni per il Carnevale. Gli effetti maggiori, però, rischiano di aversi per le Olimpiadi di Rio, in programma dal 5 al 21 agosto. Le autorità temono un calo consistente nell’acquisto dei biglietti e dei pacchetti viaggio da parte degli stranieri. E, in questo momento di recessione economica e crisi politica, il Brasile non può permettersi un flop.