Il 36enne
Mohammad Waseem Maaz, noto con il soprannome di Abu Abdurrahman, era cresciuto ad
Aleppo, dove aveva studiato medicina e si era formato come
pediatra. «Era una persona sempre gentile. In mezzo a tutti gli orrori, non l’ho mai visto arrabbiato», racconta al telefono dalla città siriana il dottor Abdulaziz, capo dell’Associazione medica di Aleppo e uno dei suoi migliori amici. «Maaz voleva aiutare la gente - aggiunge Abdulaziz al quotidiano tedesco “Bild” –, perciò non ha lasciato Aleppo e ha continuato a lavorare nelle condizioni più difficili». L’ospedale di campo al-Quds (nome arabo di Gerusalemme, ndr), sito nel quartiere Sukkari, in cui prestava servizio, era tra i frequenti bersagli dei missili. I pazienti venivano sempre perciò alloggiati ai piani inferiori , mentre sacchi di sabbia erano fissati davanti a finestre e porte per proteggere l’ospedale dalle esplosioni. M8 (nome in codice della struttura medica) era frequentato perché possedeva attrezzature e personale per curare diabete e malattie cardiache, ma soprattutto perché era l’unico posto in grado di curare i bambini e disponeva di un incubatore per il trattamento dei neonati prematuri. «È bizzarro. Qui uno è più sicuro se si allontana dagli ospedali», dice ancora Abdulaziz che spesso aveva operato insieme a Maaz. Come andrà avanti dopo la morte dell’ultimo pediatra, gli chiede la “Bild”? «Non lo so», risponde impotente.