Russia al voto. Mosca tirata a lucido per le elezioni, la vera sfida è sull'affluenza
Un gigantesco manifesto elettorale di Vladimir Putin nel centro di San Pietroburgo
In Russia oggi si inizia a votare per scegliere il nuovo presidente della Federazione e sono le elezioni più apatiche di sempre. Per il resto, però, non manca nulla, dalle minacce dell’ex presidente, Dmitrij Medvedev, che ha chiesto nuovamente a Kiev una resa incondizionata, alla morte del vicepresidente di Lukoil, il colosso del petrolio russo, Vitaly Robertus. La società ha parlato di decesso improvviso, ma alcuni media indipendenti hanno scritto che si è suicidato impiccandosi. Di certo è l’ultimo di una lunga serie di top manager legati al mondo del petrolio e del gas a morire in modo poco chiaro.
Ma tutta l’attenzione dei media è puntata sul fine settimana elettorale, che coincide anche con il decimo anniversario dell’annessione della Crimea. Difficile pensare a una semplice coincidenza, tanto più che quest’anno Vladimir Putin spera in un risultato record. Anche per questo, il presidente ieri ha fatto leva sulla componente nazionalista e ha chiesto «di andare a votare per la patria». Quanto questo sia servito, lo si scoprirà solo domenica. Su Belgorod sono caduti ancora droni killer ucraini e – per ammissione russa – si intensificano gli attacchi vicino Zaporizhzhia: la risposta di Kiev per «alzare la pressione in coincidenza con il voto» come promesso giorni fa.
A Mosca, intanto, la vita scorre come sempre. Il centro della capitale è tirato a lucido, ancora più del solito, con le facciate dei palazzi sapientemente illuminate, l’elegante arredo urbano e i caffè pieni, anche se non di turisti. Un’immagine quasi di opulenza, accompagnata da quei brand occidentali, fra cui molti del nostro Paese, che fra l’etica e il portafoglio hanno scelto il secondo, e con i vini francesi e italiani, per cui i russi vanno matti, e generi alimentari provenienti da altre nazioni, che non sono più presenti come una volta, ma che non sono nemmeno spariti del tutto.
Ai moscoviti questa situazione anomala, che ormai dura da oltre due anni, fa lo stesso effetto delle elezioni: l’indifferenza pressoché assoluta. Forse perché la Turchia è a due passi, con tutte le possibilità di shopping di questo mondo. A Istanbul i rubli si trovano senza problemi, così come vini, formaggi e tutto quello che il palato dei russi possa desiderare. Ad Antalya, la “colonizzazione” di Mosca è in fase talmente avanzata che gli annunci sono prima in russo e poi in turco. I russi, quelli che se lo possono permettere, fanno avanti e indietro dalle grandi città del Paese verso quello che ormai è il giardino di casa. Gli altri non se lo potevano permettere nemmeno prima, a casa loro e anche per questo rimangono indifferenti. Chi brinda è Turkish Airlines, la compagnia di bandiera, che oltre ad avere aumentato il costo dei biglietti, ha diminuito la franchigia dei bagagli e ritoccato per eccesso il costo del bagaglio aggiuntivo. Giardino di casa sì, insomma, ma non gratis.
Tornando ai moscoviti, la generale apatia di fondo può essere anche attribuita al fatto che, intanto, si sa già chi vince. Al Cremlino, però, non sono tranquilli. E non per il risultato elettorale. Quello, opportunamente modificato, sarà comunque plebiscitario e a favore di Putin. Un sondaggio condotto dall’Fso, il Servizio federale di protezione, il cui compito consiste nel garantire la protezione delle più alte cariche dello Stato, e divulgato su Telegram rivela che appena il 21% si fida del presidente in carica e il 27% dei russi, anche se non si fidano, sono comunque pronti a votarlo alle elezioni. Non solo. Il 68% ha espresso un desiderio di cambiamento nella vita politica del Paese e l’11% dei cittadini russi si è detto pronto a partecipare a proteste non autorizzate.
Il dato che però non fa stare tranquilli sulla Piazza Rossa è l’affluenza. Il Cremlino spererebbe in un consenso oltre l’80% e un’affluenza al 70%. Se il primo dato si può ritoccare, il secondo è molto più difficile. Le autorità, secondo i media ufficiali, temono attacchi hacker alle infrastrutture informatiche, perché il vero protagonista di queste elezioni sarà il voto elettronico. Perché i russi insieme saranno anche più forti, ma due anni di guerra e l’oggettiva mancanza di alternative praticabili rischiano di disincentivare l’afflusso alle urne. Per questo, il presidente e il suo staff hanno deciso di renderle a portata di clic. Una mossa studiata soprattutto per le decine di migliaia di dipendenti statali, che sono lo zoccolo duro del consenso di Putin, anche perché a lui e al partito Russia Unita devono il posto di lavoro, e che potranno votare già oggi dalla loro scrivania.
Ammesso che qualcuno non manovri le operazioni da fuori. Il controspionaggio qualche giorno fa ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, dimenticandosi che gli specialisti dell’hackeraggio sono proprio gli informatici russi. Stavolta, insomma, il Cremlino le ha studiate proprio tutte, inclusi incentivi più e meno accattivanti. Su alcuni canali Telegram si è diffusa la notizia che tutti i dipendenti statali hanno ricevuto un link via Sms che li rimanda a un sito gestito da Russia Unita dove possono trovare il seggio più vicino e il modo più veloce per raggiungerlo. Così, se per caso non si collegano al sito e non votano, li identificano subito. I moscoviti che utilizzeranno il voto elettronico, poi, guadagneranno punti che si trasformeranno in regali, come una tessera fedeltà qualsiasi. Non solo. C’è anche la lotteria, dove chi si avvale del voto elettronico per la prima volta vince comunque qualcosa e dove giovani con meno di 25 anni, coppie sposate e coppie con figli, accumulano punti supplementari. Venghino, elettori (virtuali), venghino.