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La guerra in Europa. Von der Leyen “scalda” l'Ucraina: prestiti da 35 miliardi

Giovanni Maria Del Re sabato 21 settembre 2024

Volodymyr Zelensky abbraccia la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dopo l’incontro con la stampa

Sono circa le ventuno e trenta quando il moderno treno di notte delle ferrovie ucraine lascia lentamente la stazione di Przemysl, l’ultima ancora in Polonia. Una stazioncina raggiunta con un’ora di macchina nel corteo ufficiale accompagnato dalle sirene della polizia polacca dall’aeroporto più vicino, Rzesów. Ursula von der Leyen, blazer rosso e pantaloni neri, è appena salita nel suo lussuoso vagone, pesantemente sorvegliato da personale della sicurezza ucraina, dotato di un sontuoso salone dorato e con fregi e tavolo massiccio in legno pregiato che fa molto Orient Express. Salone in cui la presidente della Commissione concede un breve saluto ai cronisti prima di andare a riposarsi. Poi restano solo poche ore di sonno, si arriva al mattino presto in una Kiev illuminata da una splendida giornata di sole, ancora estiva. Della guerra nella capitale non si vede traccia, la città appare rilassata e affollata, raccontano che per la seconda notte consecutiva non ci sono stati allarmi aerei, una rarità: di solito, ci raccontano, sono almeno due-tre allarmi a notte. I pesanti sacchi neri di una decina di chili ciascuno che ogni cronista ha ricevuto in consegna a Przemysl, contenente un elmetto e un giubbetto antiproiettile, sembrano assolutamente fuori luogo, e resteranno nei bagagliai dei veicoli.

Una calma che naturalmente inganna. Se Von der Leyen – dopo una pausa di sette mesi, dovuta alle elezioni europee e alla partita delle nomine Ue – è tornata per la sua ottava missione a Kiev è certo per ribadire il pieno e totale sostegno dell’Ue a Kiev, confermato simbolicamente dai fiori che depone al memoriale dei caduti della guerra, di fronte allo splendido monastero di San Michele dalle Cupole d’oro, nel cuore della capitale. È però anche per la grave crisi energetica che affronta l’Ucraina. «L’inverno – dice Von der Leyen – si avvicina, è la Russia continua ad attaccare in modo plateale e maligno l’infrastruttura ucraina». I dati della devastazione energetica in Ucraina sono spaventosi: l’80% delle centrali termiche sono distrutte, e così un terzo della capacità idroelettrica. Il solo 26 agosto Mosca ha lanciato 230 missili in un raid di 12 ore. Pesa lo spettro di ospedali, scuole, abituazioni, lasciate al buio e al gelo, esattamente quello che vuole Vladimir Putin per piegare l’Ucraina. C’è il rischio di un nuovo esodo, secondo la Commissione negli ultimi tempi il flusso di ucraini verso Paesi Ue che chiedono l’accesso al programma di protezione temporanea è aumentato di circa 10mila richieste in più al mese. «Sono qui – dice Von der Leyen a Kiev nella conferenza stampa con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – per dire agli ucraini che l'Ue vi aiuterà nella sfida energetica, per mantenere la luce accesa, per mantenere la popolazione al caldo, per far sì che la vostra economia cresca». E «faremo tutto il possibile – aggiunge a chi le chiede del rischio di esodo – per aiutare gli ucraini in Ucraina».

L’Ucraina ha bisogno di 17 gigawatt per superare l’inverno. Von der Leyen è arrivata a Kiev per portare in dono un piano Ue, presentato già giovedì subito prima di partire, che prevede vari aspetti. Anzitutto un piano di riparazione di impianti che porteranno 2,5 gigawatt di capacità (il 15% del fabbisogno ucraino), esportazione dall’Ue all’Ucraina per coprire un altro 12% di fabbisogno, mentre la Lituania sta trasferendo un’intera centrale smontata e da rimontare in Ucraina. Insomma, coperto così è oltre il 25% del fabbisogno ucraino. E poi tanti soldi, che si aggiungono ai 2 miliardi di euro già stanziati dal 2022: 60 milioni di euro di aiuto umanitario e 100 milioni provenienti dagli interessi dei beni russi congelati in Europa. Sono già inoltre 10mila i generatori inviati dall’Ue e dagli Stati membri all’Ucraina. Ieri Von der Leyen ha visitato il Sesu, la protezione civile ucraina, dove ha potuto toccare con mano alcuni di queste attrezzature e parlare con gli operatori. E poi c’è la questione e dei fondi del G7 che a giugno, in Puglia, ha deciso di fornire a Kiev 50 miliardi di dollari (45 miliardi di euro) usando come base i profitti dei beni russi congelati. Inizialmente si parlava di 20 miliardi di dollari dall’Ue, altri 20 dagli Usa il resto da Canada, Giappone e Regno Unito, ma Washington ha puntato i piedi visto che i beni russi congelati in Europa (la massima parte), sono vincolati a un regime di sanzioni a Mosca che deve esser rinnovata ogni sei mesi all’unanimità, con il rischio sempre più concreto di un veto del premier ungherese Viktor Orbán. Per Washington un rischio troppo alto. La Commissione avrebbe voluto ovviare allungando tempi di rinnovo delle sanzioni da 6 mesi ad almeno 36 mesi, ma ci vuole l’unanimità e Budapest, tanto per cambiare, mette il veto. E poi c’è lo spettro della vittoria di Donald Trump, che molto probabilmente rifiuterebbe un contributo Usa. Di qui la proposta avanzata ieri da Von der Leyen: aumentare la quota Ue a 35 miliardi di euro, basandosi per sul bilancio comune, il che richiede solo la maggioranza qualificata. Miliardi che potranno esser disponibili entro fine anno. Gli interessi sui beni russi serviranno ad aiutare l’Ucraina a ripagare il prestito. «Quello che dobbiamo fare – dice Von der Leyen – è far pagare la Russia per la distruzione che ha provocato ». Zelensky ringrazia per il sostegno Ue, e ha idee molto chiare su come usare questi soldi. «Serviranno per l’energia, per scuole, ospedali, rifugi, e per armi made in Ukraine», a cominciare proprio dai droni.

È chiaro, però, che ormai la parole pace si sente sempre più spesso. L’Ucraina resiste ma è stanca, anche se naturalmente non vuole rinunciare ai suoi territori o accettare le condizioni capestro che vorrebbe imporre Putin. C’è il «piano per la vittoria » che Zelensky presenterà la prossima settima a Joe Biden a Washington, è a lui che lo svelerà. «Molti dei punti – avverte l’ucraino, che incontrerà anche Donald Trump – dipendono dalla buona volontà e dal sostegno del presidente degli Stati Uniti». Più in generale, aggiunge, «l’intero piano ha bisogno delle rapide decisioni dei nostri partner, che dovrebbero esser prese fra ottobre e dicembre». A fine anno, ci sarà il secondo vertice di pace, cui Kiev vuole invitare anche Mosca. Una cosa però per Zelensky è chiara: «Pace non vuol dire conflitto congelato ». «Ci sono vari modi – dice sibillino un alto funzionario ucraino – di restituire i territori».