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LA GUERRA A DAMASCO. I due vescovi siriani ancora ostaggio dei rapitori

sabato 27 aprile 2013
Rimane alta la preoccupazione per i due vescovi rapiti in Siria lo scorso 22 aprile nella provincia di Aleppo, nel Nord della Siria. Yohanna Ibrahim, vescovo siro-ortodosso di Aleppo, e Boulos Jaziji, vescovo greco-ortodosso, sono ancora nelle mani dei rapitori, la cui identità non è chiara: insorti e forze governative si scambiano reciproche accuse. Più volte la notizia della loro liberazione, data da alcuni organi di stampa, è stata smentita dalle gerarchie ecclesiastiche. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, si è detta «sconcertata» per il fatto che leader religiosi siano «diventati obiettivi del conflitto» siriano, «non ci può essere alcuna giustificazione» per azioni del genere, ha commentato in una nota. Il suo appello al rilascio immediato dei due ostaggi si somma a quello di altre voci della comunità internazionale che seguono la vicenda. Il rapimento non fa che confermare la gravità dello scenario siriano, in cui nessuna delle parti belligeranti ha rispetto per civili, operatori umanitari o religiosi. Così in tutto il Paese, senza eccezioni. Damasco è teatro di scontri violenti: secondo i Comitati di coordinamento locali, ora è l’area nord-orientale, a ridosso della piazza degli Abbasidi, la più contesa. Almeno tre le vittime di ieri. I ribelli hanno annunciato di aver avuto la meglio lungo l’autostrada che collega Homs a Tartus, strategica per i rifornimenti del regime: se fosse vero, le truppe governative non riceverebbero più armi, uomini e mezzi dalla costa. Intanto, cresce in modo esponenziale il numero dei rifugiati siriani fuggiti dal conflitto: l’agenzia per i Rifugiati delle Nazioni unite, l’Acnur, li attesta a 1,4 milioni di persone (a gennaio si riteneva che il milione sarebbe stato raggiunto in giugno, ndr). Circa il 51% ha meno di 18 anni e il 76% è costituito da donne e bambini. Il più alto numero di rifugiati si trova in Giordania (448.370), seguono Libano (441.394), Turchia (313.689), Iraq (137.657), Egitto (50.273) e 10mila nel Nord Africa. La tendenza fa temere cifre apocalittiche per fine anno: 3,5 milioni di rifugiati e 6,5 milioni di sfollati.