Dopo lo sciopero. L'opposizione: «Ora paralizziamo il Venezuela». Saliti a 112 i morti
Alta tensione in Venezuela dove l'opposizione ha lanciato un appello al blocco delle strade fino a domenica, quando è previsto il voto per l'elezione della nuova Assemblea costituente voluta dal presidente Nicolas Maduro. Giovedì si era svolto il secondo giorno di sciopero generale - un successo per gli organizzatori e un flop secondo il governo - con incidenti sia nella capitale Caracas sia in
altre parti del paese costati la vita a 7 persone. Sale così a 112 il numero delle vittime dall'inizio delle contestazioni lo scorso aprile. Con il suo appello l'opposizione intende sfidare apertamente il governo di Maduro, che ha vietato ogni manifestazione fino a domenica. "Il regime ci vieta di manifestare - di legge in un tweet della Tavola per l'unità democratica (MUD), che raggruppa le forze di opposizione - e noi risponderemo prendendoci il Venezuela".
Intanto fra le tre vittime si contano un uomo di 30 anni e una ragazzo di 16 anni. Gli incidenti mortali sono avvenuti nella capitale Caracas, nella città di Merida e a Naguanagua, nello Stato di Carabobo. Secondo l'opposizione, che ha organizzato la mobilitazione, gioved' l'adesione allo sciopero sarebbe stata del 92%. Un dato non realistico per il presidente Nicolas Maduro, secondo cui lo sciopero "è stato sconfitto dalla classe operaia". "La gente non ha partecipato al blocco", ma "è uscita di casa per andare a lavorare", ha assicurato il governo.
Da aprile sono 112 le vittime
Dal 4 aprile, quando sono iniziate le manifestazioni, sono già 103 i morti nei disordini anti-governativi. Mentre il clima di attesa è teso in Venzuela, il presidente venezuelano Maduro ha affermato che il suo maggior errore nella crisi che vive il Paese è stato "sottovolutare la capacità di danno dell'opposizione". Maduro lo ha ammesso in una intervista al canale russo Rt. L'intervista è stata trasmessa ieri sera. Maduro ha parlato di "capacità di danno e violenza dell'opposizione. Per il presidente la crisi nel suo paese è dovuta al fatto che "non vi è alcuna opposizione democratica che faccia richieste ragionevoli nel quadro della Costituzione". "A maggio per tre settimane ho cercato un dialogo diretto con le opposizioni per coinvolgerle nella Assemblea costituente nazionale e si sono negate", aggiunge Maduro che accusa anche i mezzi di informazione di opposizione "egemonici" di "avere venduto nel mondo l'immagine di un Venezuela che non esiste".
Giovedì in Venezuela molti negozi hanno tenuto le serrande abbassate e molte strade sono state chiuse al traffico bloccate dai cittadini che chiedono le dimissioni del presidente venezuelano. L'obiettivo delle forze anti-Maduro è impedire l'elezione di domenica dei membri dell'Assemblea costituente, facendo pressioni sul presidente per fermare un processo che - denunciano - non è stato sottoposto a preventiva approvazione tramite un referendum popolare. Una strada che per le opposizioni e i manifestanti consoliderebbe quello che fu il regime dittatoriale di Chavez.
I partecipanti alle protesta e i deputati della forza di opposizione Mud, Mesa de la Unidad Democrática, hanno condiviso oggi su Twitter le foto del secondo giorno di mobilitazione, scatti che mostravano strade deserte in città in tutto il Paese. Il governo degli Stati Uniti ha imposto ieri sanzioni a 13 funzionari ed ex funzionari del Venezuela per abusi di diritti umani, corruzione e azioni per minare la democrazia, per fare pressioni sul governo di Nicolas Maduro. Fra i sanzionati c'è il capo della commissione presidenziale per la Costituente, nonché ex vice presidente del Venezuela, Elias Jaua.
La convocazione dell'Assemblea Costituente è fondata giuridicamente l'articolo 347 della Costituzione del 1999, approvata sotto il governo del suo predecessore, Hugo Chavez, che stabilisce che "Il popolo del Venezuela è il depositario del potere costituente originario. In esercizio di detto potere, può convocare una Assemblea Nazionale Costituente con l'oggetto di trasformare lo Stato, creare un nuovo ordinamento giuridico e redigere una nuova Costituzione". In articoli successivi si prevede che "l'iniziativa di convocazione dell'Assemblea Nazionale Costituente può essere presa dal Presidente della Repubblica in Consiglio dei Ministri". L'opposizione contesta che in base all'articolo 347 il presidente Maduro non avrebbe il potere unilaterale di convocare una votazione che non sia passata attraverso una legittimazione popolare.
Maduro vieta le proteste contro la Costituente
Nella serata di giovedì, però, Maduro ha dimostrato che al peggio non c'è limite e ha vietato qualsiasi forma di protesta da domani al voto del 30 luglio per l'elezione da lui voluta di un'Assemblea Costituente. Chiunque parteciperà a proteste rischia pene tra 5 e 10 anni, ha annunciato il ministro dell'Interno, Nestor Reverol, che ha emesso il decreto proprio alla vigilia della più grande manifestazione dell'opposizione in programma domani. L'opposizione ha esortato i venezuelani a boicottare il voto di domenica. In un referendum non vincolante, indetto la scorsa settimana dall'opposizione, oltre 7 milioni di venezuelani si erano espressi contro il progetto di Maduro e contro lo stesso successore dal 2013 di Hugo Chavez, accusandolo di puntare a trasformare il Venezuela in una "dittatura". Accusa condivisa anche dalla chiesa cattolica locale, che lo scorso anno aveva tentato una mediazione tra le parti, naufragata in un nulla di fatto.
Il nuovo appello dei vescovi
Sono intervenuti di nuovo anche i vescovi. "Ancora una volta alziamo la nostra voce contro la violenza": "La violenza non può mai essere il modo di risolvere i conflitti sociali che si aggravano giorno dopo giorno nella nostra società venezuelana. L'eccessiva repressione con il suo bilancio di feriti, morti e detenuti produce maggiore violenza". È il nuovo appello della presidenza della Conferenza episcopale venezuelana, dopo gli scontri di questi giorni, durante due giornate di sciopero generale che hanno provocato altri 4 morti, portando il numero delle vittime totali a più di 100 dall'inizio della crisi ad aprile.
I vescovi, in una nota riportata dal Sir, ribadiscono il loro rifiuto dell'Assemblea nazionale costituente voluta dal presidente Nicolas Maduro, ritenuta "inutile, sconveniente e dannosa per il popolo venezuelano" perché "non è stata convocata dal popolo e "rappresenterà solo i partiti ufficiali": "Sarà uno strumento fazioso e di parte che non risolverà ma peggiorerà gravi problemi come l'alto costo della vita, la scarsità di cibo e farmaci e la profonda crisi politica che stiamo vivendo".
"Viviamo ore difficile piene di incertezze e contraddizioni - scrivono i vescovi - ciò che in altre latitudini è espressione normale di cittadinanza, da noi si trasforma in scontri di crescente intensità" con "poliziotti e gruppi civili armati dal governo" che si oppongono al "popolo che esprime malcontento e rifiuto dell'Assemblea costituente". Rivolgendosi poi direttamente alla Forze armata nazionale bolivariana (Fanb) i vescovi ricordano che "il suo primo dovere è nei confronti del popolo ed è chiamata costituzionalmente a difendere la vita di tutti i cittadini, senza distinzione di classe né di parte": "In questi momenti di tensione non si pretenda di risolvere le richieste di buona parte della società con l'irrazionalità e la forza brutale". I vescovi concludono con l'invito a "non uccidere" e a "coltivare la vita".