Venezuela. Maduro fa dietrofront. E la Corte Suprema ridà i poteri al Parlamento
La folla nelle piazze di Caracas dopo l'annuncio della revoca dei poteri del Parlamento (Ansa/Ap)
Dopo l’affondo, Maduro arretra. La Corte Suprema del Venezuela, dopo la richiesta del presidente Nicolas Maduro di rivedere la decisione di revocare i poteri del Parlamento, ha rinunciato ad attribuirsi i poteri del Parlamento e ha annullato le sentenze con le quali aveva esautorato l'Assemblea Nazionale e aveva abolito l'immunità parlamentare dei deputati. Lo ha reso noto sul suo sito web lo stesso Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj), l'equivalente in Venezuela della Corte Suprema. Il dietro front di Maduro aveva fatto seguito alle proteste giunte numerose dall'opposizione e dall'estero.
Poco prima dell'annuncio del Tsj si sono tenute grandi manifestazioni convocate dall'opposizione contro il governo. Al termine di una riunione notturna, il Consiglio per la sicurezza nazionale, presieduto dallo stesso Maduro, aveva annunciato il proprio appoggio ad una revisione della decisione della Corte Suprema, «con l'obiettivo di mantenere la stabilità istituzionale».
«Aprile inizia con il piede giusto», ha detto un entusiasta Maduro con accanto a sé una decina di collaboratori al termine della riunione convocata in maniera urgente, prima di aggiungere: «È una vittoria costituzionale». I leader dell'opposizione hanno però immediatamente criticato la decisione del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, definendola una mossa che poco fa per risolvere la crisi. «Diciamolo con chiarezza - ha affermato Freddy Guevara, primo vicepresidente dell'Assemblea Nazionale -: la revisione di una decisione che lascia tutto come prima non risolve un colpo di Stato». Per gli osservatori si tratterebbe comunque di una sorta di ritirata strategica: il presidente intende infatti continuare da una posizione di forza il suo braccio di ferro che da ormai quasi due anni lo vede sul fronte opposto al parlamento controllato dall’opposizione.
Sulla crisi istituzionale in atto, che si accavalla a quella drammaticamente costante dell'economia, sono intervenuti i vescovi. La Conferenza Episcopale Venezuelana (Cev) ha pubblicato un comunicato, pervenuto all'agenzia Fides, in cui esprime la sua posizione: «Si tratta di una nuova crisi nazionale estremamente grave, che danneggia la democrazia e la convivenza dei venezuelani. C'è una distorsione nell'esercizio del potere in Venezuela...L'eliminazione dell'Assemblea nazionale, soppiantandola con una rappresentanza del potere giudiziario ed esecutivo, è una assoluta ignoranza del fatto che la sovranità risiede nel popolo».
La Cev avverte su ciò che potrebbe accadere: «Questo apre la porta all'arbitrio, alla corruzione e alla persecuzione, è un burrone verso la dittatura, e, come sempre, sono i più deboli e i più poveri della società i più colpiti...Questa distorsione è moralmente inaccettabile». Il duro testo dei vescovi sottolinea il dovere delle istituzioni civili: «Si tratta di una responsabilità ineludibile, perché dinanzi al male non si può rimanere semplici spettatori...Si tratta di una chiamata urgente a prendere coscienza e ad agire pacificamente, ma con decisione, contro l'attacco del potere...Dobbiamo difendere i nostri diritti e quelli degli altri».
I vescovi concludono: «E' il momento di chiedersi molto seriamente e responsabilmente se non siano validi e opportuni, ad esempio, la disobbedienza civile e le manifestazioni pacifiche».