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Dopo il golpe. Il Myanmar è alla fame: «I poveri si vendono anche i reni online»

Stefano Vecchia sabato 31 agosto 2024

Continua la fuga dal Myanmar: in centinaia si mettono in fila ogni giorno davanti ai consolati occidentali per ottenere i visti all'espatrio

A sette anni dal pogrom contro i musulmani Rohingya da parte delll’esercito fincheggiato dalla popolazione buddhista locale con la fuga in Bangladesh di 700mila persone e a tre anni e mezzo dalla nuova presa di potere dei militari che ha esautorato il governo civile indirizzato dalla Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, il Myanmar non è solo preda della guerra civile ma sempre più anche della povertà e della disperazione.

L’ultima conferma arriva da una inchiesta della rete statunitense Cnn che segnala come nell’ex Birmania si sia sviluppata una rete di espianto e traffico di organi che utilizza Facebook per renderli disponibili a facoltosi clienti. I trapianti individuati avrebbero come teatro la confinante India dove la vendita di organi è illegale ma non la donazione o la cessione liberale tra consanguinei. Decine di persone sono state individuate e contattate da collaboratori di lingua birmana dell’emittente per ricostruire un quadro di questa odioso quanto lucroso sfruttamento delle necessità: dei donatori e dei riceventi.

”Vendere una parte del proprio corpo è una decisione difficile per tutti. Nessuno vuole farlo”, ha dichiarato la 26enne April, pseudonimo di una giovane con la vocazione di infermiera ma impiegata in un’azienda tessile per 100 dollari al mese, che a febbraio ha pubblicizzato il suo rene su Facebook. “L'unica ragione per cui lo faccio è perché non ho scelta”.

Extrema ratio per una giovane che vive in una realtà che allo scoppio del secondo conflitto mondiale, pur sotto controllo britannico, era tra le più promettenti del continente asiatico, con immense risorse naturali che i militari in oltre mezzo secolo di dittatura e ancora dopo il golpe del primo febbraio 2021 hanno sfruttato e venduto a loro beneficio, alle prese con una povertà che tocca quasi la metà dei suoi 54 milioni di abitanti.

D’altra parte, non da ora il Sud-Es asiatico come pure l’Asia meridionale e regioni della Cina sono terreno “di raccolta” di organizzazioni che si avvalgono di un gran numero di procacciatori e intermediari locali per alimentare il traffico di organi, in parte per la povertà – endemica o di ritorno – in parte per l’intensità della richiesta e per una maggiore distrazione dei servizi di sicurezza verso certi fenomeni che hanno molto spesso una diffusione transnazionali e “centrali” all’estero. La situazione di sostanziale illegalità in cui il Myanmar si trova e che già consente attività di sfruttamento delle risorse ambientali, come pure la produzione di oppiacei e anfetamine che poi vengo distruibuiti al di là di confini di difficile controllo e facile passaggio, favorisce anche questa forma estrema di sfruttamento delle necessità.

Il silenzio di istituzioni contattate dalla Cnn in Myanmar e in India riguardo quest’ultimo in ordine di tempo “caso” allo snodo fra conflitto interno birmano e la criminalità transnazionale è pure significativo, tra imbarazzo, copertura e spesso connivenza,con i network criminali.