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Ucraina. «Colpire obiettivi russi»: è in corso un'escalation sull'uso delle armi a Kiev

Luca Geronico mercoledì 29 maggio 2024

Macron e Scholz

E dopo il vertice Macron-Scholz di ieri e l'affondo del segretario generale della Nato Stoltenberg, il primo via libera viene da Varsavia: «Non ci sono restrizioni sulle armi polacche fornite all'Ucraina» ha dichiarato il vice ministro della Difesa Cezary Tomczyk alla trasmissione Radio Zet. Il dibattito sulle armi, non solo da inviare a Kiev, ma togliendo la limitazione del loro uso sul solo territorio ucraino, è diventato dirompente e divisivo in seno a Nato ed all'Ue alla vigilia del voto.

Prova ne sia che oggi a Praga sei Paesi dell'Europa dell'Est stanno discutendo dell'invio di armi a Zelensky. Sfumature differenti, ma tutti concordi nell'assicurare il sostegno contro la Russia impegnata nella furiosa offensiva su Kharkiv. «Le prime decine di migliaia di munizioni calibro 155 millimetri grazie alla nostra iniziativa dovrebbero arrivare in Ucraina all'inizio di giugno» ha dichiarato il premier ceco Petr Fiala. Un pacchetto da 1,6 miliardi di euro a cui hanno contribuito 15 Paesi Ue e Nato. Primo, ovviamente, a dare il sostegno all'iniziativa Ceca il presidente polacco Andrzej Duda: «L'Occidente ha la responsabilità di rafforzare la capacità della difesa dell'Ucraina» ha detto affermato. Per la premier danese Mette Frederiksen le munizioni e la difesa aerea sono «le priorità» e si deve evitare di «inviare poco e tardi». La Lettonia, ha assicurato la premier Evika Silinova, intende fornire all'Ucraina un milione di droni entro primavera 2025 mentre il premier olandese Mark Rutte, è disposto a inviare in Ucraina le componenti per i sistemi Patriot forniti dalla Germania.

Un soldato ucraino ascolta la radio in una trincea nel Donetsk - Reuters

Protagonista di questa “escalation” strategica, è certamente Emmanuel Macron, strenuo sostenitore di una Difesa comune europea e che ancora ieri ha ribadito l'idea di inviare istruttori militari francesi in Ucraina per addestrare l'esercito all'uso di missili Patriot ed F-16. Altra questione aperta, e strategicamente ancora più determinante, è se permettere all'Ucraina di colpire obiettivi militari sul territorio russo, vale a dire le basi da cui missili, droni e jet decollano. Una linea rossa sinora invalicabile nelle regole di ingaggio fra i Paesi occidentali e l'Ucraina. E proprio in queste ore, secondo il Washington Post, il presidente Joe Biden starebbe prendendo in considerazione questa contromisura: revocare i limiti all'uso da parte dell'Ucraina delle armi "a corto raggio" statunitensi per attaccare la Russia. Indiscrezione che giunge nelle stesso ore in cui la Casa Bianca ha confermato la sua partecipazione alla Conferenza internazionale di pace di Lucerna, in Svizzera il 15 e 16 giugno.

Probabilmente non solo una coincidenza. Il grande attivismo militare strategico si è scatenato infatti dopo che Vladimir Putin ha annunciato, e il giorno dopo smentito, di voler cambiare i confini marittimi ridisegnare unilateralmente i confini marittimi intorno all'exclave di Kaliningrad e alle isole russe nel Mar Baltico: una bozza di decreto del ministero della Difesa russo apparsa per alcune ore su un portale governativo. Un nuovo possibile "strappo" per mettere sotto pressione in particolare Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, riproponendo un copione già visto, ad esempio, in Georgia (Ossezia del Sud) e Moldavia (Transnistria) con occupazioni arbitrarie. La replica di Nato e di alcuni Paesi Nato e Ue, dopo il vertice tra Macron e Scholz che necessariamente ha definito il baricentro sulla questione dell'asse franco-tedesco, la rispsota. Insomma, al nuovo possibile atto di "bullismo", e mentre Kahrkiv è sotto attacco, gli Occidentali puntano il mirino oltre la linea rossa del confine. Un modo questo, si deve necessariamente sperarlo, di arrivare anche attraverso alla deterrenza, ad aprire sul lago di Lucerna una trattativa fra due due pugili, baldanzosi a parole, ma sfiancati sul terreno.