Mondo

Valencia. In 2mila non rispondono all'appello. «Un cimitero nel parcheggio allagato»

Estefano Tamburrini sabato 2 novembre 2024

I soccorrittori cercano persone nei parcheggi e sotto i cavalcavia sommersi di Valencia

Code chilometriche per entrare nei pochi supermercati in grado di aprire le porte al pubblico. Le file attraversano interi isolati: centinaia di persone aspettano il proprio turno. Servono almeno un paio d’ore per entrare. Il flusso viene regolato dai commessi, che esortano a mantenere quella calma apparente che nasconde rabbia, disperazione e frustrazione accumulate nelle ultime ore. «Limitiamo le entrate cercando di prevenire disordini – spiegano i cassieri –. Ci tocca fare un servizio pubblico, come ai tempi della pandemia». Analogia ben presente anche tra i residenti, spinti all’acquisto compulsivo di prodotti essenziali. E nel pomeriggio gli scaffali erano già vuoti. «Ci è voluta mezza giornata – ha detto una residente, esprimendo la propria indignazione –. La gente porta via acqua, latte, carne e verdure a man bassa». L’ansia è prevalsa sui ripetuti appelli alla prudenza, anche perché la paura persiste. Più passano le ore, più si svela il volto sociale dell’emergenza. Lo sa bene Madrid, che ha deliberato l’invio di altri 10mila militari – divisi tra Ejercito, Policía nacional e Guardia Civil. Circa 4mila di loro arrivati nelle ultime ore per rafforzare l’operato dei 3mila effettivi già presenti a Valencia. La mobilitazione è stata descritta dal premier Pedro Sànchez come «la più numerosa in tempi di pace».

Ma la presenza dei militari mira inoltre a imporre «il rispetto dell’ordine e la legge», come detto ancora da Sànchez, che ha riferito a La Moncloa sulla detenzione di oltre 80 persone per i saccheggi delle ultime ore. E la svolta securitaria mette d’accordo sia i socialisti di Madrid che i popolari della Generalitat. Sempre più pressanti gli appelli dei sindaci, tra cui Juan Ramòn Adsuara, primo cittadino di Alfafar, che aveva denunciato l’assenza di operazioni soccorso laddove molti residenti «sono bloccati e costretti a convivere con i cadaveri dei familiari ancora in casa».

Proseguono anche i movimenti spontanei di cittadini, che si spostano come possono sulle strade ancora ricoperte dal fango. Chi per fuggire dai Paesi più devastati, chi per dare una mano. Difficile fermarli, malgrado le restrizioni alla circolazione divulgate ieri dal Diario Oficial de la Generalitat. Nel frattempo, le operazioni raggiungono altre località colpite lavorando oltre le loro possibilità. È il caso del salvataggio di una donna trovata viva dopo essere rimasta bloccata per 72 ore nel sottopassaggio di Benetùsser.
Ma quello dei soccorsi è un cammino in salita con circa 2mila dispersi e la conta dei morti – circa 220 – in aumento.
Immagini strazianti arrivano anche dal Centro comercial Bonaire, definito «un cimitero» dai sommozzatori militari della Unidad militar de emergencias (Ume) giunti sul posto. Il parcheggio, con 5.700 posti, è stato completamente inondato dal canale “La Saleta” divenendo una trappola mortale. Tragedie simili potrebbero verificarsi in altri parcheggi o garage sotterranei della regione.

Complessivamente, la “Gota frìa” ha colpito 65 municipi, come rilevato dalla Camera di commercio valenciana, che comprendono 845.371 abitanti: il 31,8% della popolazione. In quei municipi si concentra un terzo delle imprese della provincia, di cui almeno 4.500 hanno sofferto dei danni e 1.800 sono stati definitivamente distrutti. Si accende inoltre l’allarme anche sui possibili focolai infettivi, come ha sottolineato su X la ministra della Sanità Monica Garcia, che annuncia un monitoraggio nelle zone colpite per evitare che «compaiano malattie trasmissibili» fra la popolazione. Nello stesso tempo, la Generalitat ha comunicato condizioni di «relativa normalità» nelle strutture ospedaliere: sono 400 i posti letti ancora liberi, di cui un centinaio nell’Hospital Central La Fe. Valencia cerca così di affrontare l’impatto di quello che è stato il peggior fenomeno meteorologico del secolo. Si parla di 2.200 metri cubi per secondo raggiunti dalla piena che alle 19 di martedì ha colpito la cosiddetta “Zona Cero” della Dana. Per il Sistema automático de información hidrológica (Saih) il corso d’acqua è stato cinque volte maggiore di quello dell’Ebro: il secondo fiume più grande del Paese. «Servono misure di adattamento al cambiamento climatico, anche se impopolari in termini elettorali», è il monito di Jorge Olcina responsabile del Laboratorio di climatologia dell’Università di Alicante. «L’emergenza climatica va presa sul serio, con fenomeni che riscuotono un’energia insolita». Lo sanno bene al quartiere La Torre e dintorni. Ora la Dana si estende verso altre regioni, tra cui la Catalogna dove l’allerta meteorologica durerà almeno fino a lunedì.