Spagna. Valencia scava nel fango e piange 158 vittime: «Non abbiamo più nulla»
Gli abitanti di Valencia con i viveri per le strade piene di fango
È uno dei momenti più tragici per la Comunidad Valenciana. Migliaia di agenti cercano i dispersi nelle strade ancora bloccate da fango e detriti, dentro le auto accatastate o semi-sepolte in un modo che non si era mai visto prima. Il bilancio dei morti è già salito a 158. Una quarantina di vittime sono state registrate nella sola località di Paiporta. Ma il saldo è purtroppo destinato ad aumentare. Fiumi come il Rio Magro sono esondati, trasformando le vie di comunicazione in torrenti, e devastando tutto ciò che incontravano nelle località circostanti. Inondazioni a Castellòn, disagi a Malaga, disastri sui campi agricoli di Almeria, allerta massima da Cadice e a Tarragona: soffre l’intera porzione di Spagna che si affaccia sul Mediterraneo.
Non è nemmeno possibile fare la conta dei danni perché anche ieri un’allerta meteo ha attraversato le regioni già così profondamente ferite. E sì che sarebbe bastata la pioggia del 30 ottobre a rendere l’ultima “Gota frìa” la peggior alluvione del secolo dopo quella del 1973. Specialmente nella municipalità di Chiva, dove sono caduti 491 litri d’acqua: la pioggia di un anno in un solo giorno.
Le persone si muovono stralunate tra pile di automobili per le strade di Valencia - Reuters
La politica cerca di affrontare il dramma e di disinnescare le polemiche, sempre più forti, sul ritardo nella diramazione degli avvisi di pericolo. Il premier Pedro Sánchez si è recato ieri nelle zone colpite, accolto dal governatore della regione, Carlos Mazòn, che lo ha ringraziato per «essere venuto così presto» e per «la vicinanza dimostrata». L’obiettivo del premier è quello gestire con prudenza l'ennesima tempesta su un governo già fragile, indebolito dall’indagine che coinvolge sua moglie, Begoña Gómez, e dalle accuse di corruzione dilagante nel Partido socialista obrero espanol (Psoe).
Il governatore Mazòn resta al centro del mirino per i messaggi di allerta giunti con ore di ritardo sugli smartphone dei cittadini. Tasto dolente che verrà presto toccato, come anticipato da Joan Baldovì, deputato al Parlamento valenciano, secondo il quale «arriverà il tempo di fare i conti con le responsabilità, che non mancano». Il ministero dell’Interno si è smarcato dalle colpe sulla risposta inefficace delle istituzioni, sottolineando su X che «l’attivazione dei piani territoriali di protezione civile in caso di emergenza di qualsiasi tipo e la loro successiva gestione rientra nella competenza esclusiva delle autorità autonome». Il governatore ha quindi fatto sapere che solo nella prima giornata sono state avviate quasi 300 operazioni di soccorso.
Altre immagini di distruzione dopo l'alluvione - Reuters
Ma spiegazioni e giustificazioni non placano la rabbia della gente. I cittadini della municipalità di Sedavì, dove mancano acqua, elettricità e alimenti hanno denunciato con forza che «la zona è morta», e che si sentono «dimenticati e abbandonati». «Non abbiamo più nulla – hanno fatto sapere – ci si aiuta a vicenda con gli alimenti». Sono stati segnalati primi saccheggi nella attività commerciali di Alfafar, Benetússer e Paiporte. «Chi per approfittare, chi per disperazione», ha denunciato la stampa locale. Fatto sta che nelle ore precedenti sono state arrestate circa 40 persone. «C’era chi provava a rifornirsi mentre recuperavamo ancora i cadaveri», è la testimonianza degli agenti della Guardia Civil dispiegati per ristabilire l’ordine.
Sembra che a mitigare l’impatto, pur devastante, dell'alluvione sia stato il “Giardino di Turia” progettato dall'architetto Santiago Calatrava dopo l’alluvione del 1957 per deviare l'omonimo fiume e portarlo fuori città. Esempio di cui tener conto laddove gli effetti di vecchi fenomeni naturali, come la “Gota frìa”, vengono ulteriormente aggravati dai cambiamenti climatici, dalla cementificazione e dalla scarsa attenzione ai territorio.