Padre James Channan, superiore della vice- provincia domenicana del Pakistan è un attivo fautore del dialogo interreligioso ma anche dei diritti delle minoranze.
Possiamo parlare di persecuzione religiosa oppure di atti criminali che hanno nella fede solo un pretesto? Gli atti di terrorismo e di persecuzione contro i cristiani sono stati fatti in nome della religione, a partire dalla falsa accusa di avere dissacrato il Corano. Va sottolineato che le Leggi contro la blasfemia, in particolare gli articoli 295B e 295C del Codice penale prevedono la pena di morte obbligatoria per chi profani il nome di Maometto o dissacri il Corano. Se qualcuno viene accusato di tali delitti, la sua morte è certa. Magari per mano di una folla inferocita oppure, nei casi in cui venga riconosciuto innocente dai giudici, deve abbandonare il suo Paese perché la sua vita sarà sempre a rischio. Va detto che attualmente sono più numerosi i musulmani in carcere per questi reati, circa 400, che i cristiani. Il problema è che nel caso dei cristiani è l’intera comunità a finire nel mirino se qualcuno viene denunciato, e la distruzione come le violenze riguardano l’interna comunità.
Che cosa è possibile fare in queste condizioni? Ormai la misura è colma. I cristiani del Pakistan chiedono la cancellazione delle due norme antiblasfemia che il governo sa essere la causa principale di incidenti come quelli dei giorni scorsi. Oltre ai tre giorni di lutto proclamati dai vescovi cattolici e protestanti, abbiamo chiuso le scuole per lo stesso periodo. In diverse città, tra cui Lahore, Islamabad, Rawalpindi, Faisalabad, Karachi, Multan, Bahawalpur e Sargodha, i cristiani hanno protestato contro le aggressioni e hanno chiesto che sia fatto giustizia, ma anche una maggiore sicurezza per le proprie vite e per i propri beni. Abbiamo avuto il conforto di leader musulmani, tra cui Maulana Abdul Khabir Azad, Gran Imam della Moschea Badshahi di Lahore, che ha condannato gli attacchi, visti come una cospirazione tesa a creare tensione tre le comunità e far fallire le esperienze di dialogo, forse come espressione locale di una più ampia e deliberata volontà di creare una frattura insanabile tra Islam e cristianesimo nel mondo.
I cristiani accusano le autorità di ritardi e inadempienze... Possiamo quanto meno considerare inappropriato che la polizia di Gojra e le altre forze di sicurezza non siano intervenute per prevenire gli incidenti. Il governo del Punjab ha mandato paramilitari la sera del primo agosto, quando tutto era già finito, quando tutte le case cristiane erano state devastate e sette miei correligionari di una sola famiglia erano morti bruciati vivi a causa della loro fede. Ci riempie di tristezza vedere la riluttanza con cui le autorità hanno stilato i rapporto sugli incidenti. Ci sono volute 9 ore di protesta e l’intervento del primo ministro del Punjab, Shahbaz Sharif, e di altre autorità, oltre che del vescovo di Faisalabad, Joseph Coutts, e del vescovo John Samuel, della Chiesa del Pakistan ( protestante). A forzare la mano anche le bare con le vittime messe sui binari e la minaccia di non procedere alla sepoltura se non dopo un regolare rapporto. Si può immaginare, se questi sono stati i problemi davanti a fatti così gravi, quali siano le difficoltà che abitualmente i cristiani incontrano per avere giustizia.