New Delhi. L'India corre ai ripari: votato il primo «no» all'utero in affitto
Si va schiarendo l'orizzonte vasto ma nebuloso della maternità surrogata in India. Dopo il blocco alla pratica commerciale per quanto riguarda committenti stranieri deliberata dalla Corte Suprema nel 2015, ieri la Camera bassa del Parlamento indiano ha approvato la legge presentata in prima bozza dal governo nel 2016.
Il testo ha una duplice finalità: regolare una materia controversa che aveva raggiunto dimensioni e caratteristiche tali da imporre sull'India la dubbia fama di “capitale mondiale della surrogata”; garantire maggiori possibilità all'adozione, che potenzialmente riguarda 30 milioni di minorenni senza famiglia a loro volta esposti a una vasta casistica di abusi.
Secondo la nuova normativa, la pratica surrogata potrà avvenire a favore di coppie indiane sterili che si potranno avvalere soltanto di una stretta consanguinea per portare a compimento la gravidanza. In buona sostanza legalizzare e tutelare una pratica che - che come le adozioni all'interno di famiglie o clan – è culturalmente accettata.
Non senza limiti. A partire dall'obbligo che a accedere siano soltanto coppie sposate da almeno un quinquennio, che sia gratuita e altruistica, negata a single e a coppie conviventi, straniere o omosessuali. Le nuove norme prevedono anche pene severe - fino a 10 anni e con multe pesanti, fino all'equivalente di 13mila euro - per chi violi la legge, in particolare riguardo il procacciamento di madri surrogate e di embrioni.