Stati Uniti. Nel suo ultimo giorno da presidente Trump concede la grazia a 73 persone
Trump ha concesso la grazia a 143 persone, che in diversi casi hanno avuto legami con lui o con la sua amministrazione. Tra queste c’è Steve Bannon, ex consigliere e stratega di Trump e noto attivista di estrema destra, che lo scorso agosto era stato arrestato con l’accusa di truffa e riciclaggio di denaro.
A poche ore dall’insediamento del presidente-eletto Joe Biden e nel suo ultimo giorno da presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha concesso la grazia a 73 persone e ha commutato 70 sentenze, che in diversi casi hanno avuto legami con lui o con la sua amministrazione. Tra queste c’è Steve Bannon, ex consigliere e stratega di Trump e noto attivista di estrema destra, che lo scorso agosto era stato arrestato con l’accusa di truffa e riciclaggio di denaro. Si era parlato anche dell’eventualità che Trump potesse graziarsi da solo, ma alla fine non l’ha fatto.
Nel comunicato della Casa Bianca si legge che il presidente Trump "ha concesso la grazia totale a Stephen Bannon" che è stato "perseguito con accuse relative a frodi derivanti dal suo coinvolgimento in un progetto politico". Ex stratega di Trump, è stato "un leader importante nel movimento conservatore ed è noto per il suo acume politico", aggiunge la nota. Bannon, 67 anni, è finito nel mirino per la costruzione del muro al confine con il Messico, accusato di aver truffato gli americani nell'ambito di una campagna di raccolta fondi da 25 milioni di dollari sotto lo slogan "We Build the Wall".
Tra le persone che beneficiano delle ultime decisioni di Trump da presidente degli Stati Uniti c'è anche l'ex sindaco di Detroit, Kwame Kilpatrick, condannato a 28 anni di carcere con accuse di corruzione e ora inserito fra coloro che ottengono la commutazione della pena. E c'è anche il noto oculista di Palm Beach, Salomon Melgen, "condannato per frodi sanitarie e dichiarazioni false".
Nella lista delle 73 persone graziate da Trump ci sono il suo ex raccoglitore di fondi Elliott Broidy, perseguito per una campagna di lobbying illegale, il rapper americano Lil Wayne che il mese scorso si è dichiarato colpevole per il possesso di un'arma da fuoco e l'italiano Tommaso Buti, imprenditore fiorentino, sul quale era stata aperta negli Usa un'inchiesta per frode in merito alla bancarotta della catena di ristoranti 'Fashion Cafe", inchiesta che non ha finora portato a nessuna condanna.