Nelle auto dell’Avana è comune trovare un deodorante a forma di alberello a "stelle e strisce", appeso allo specchietto retrovisore. «Li vendevano già prima della normalizzazione, a due cuc (circa due euro). Allora, però, non l’avrei appeso, per non avere problemi», spiega il taxista. Ora la bandiera a stelle e strisce sventola perfino sul Malecón, di fronte alla rispettiva ambasciata.
La selva di drappi collocati da Fidel nell’adiacente "tribuna anti-imperialista", per occultare la vista a e degli "yanky", è scomparsa. Solo la bandiera cubana si erge, superstite. E, in omaggio al "nuovo corso" è di identiche dimensioni di quella statunitense. Il dialogo, in questo momento delicato, è anche una questione di forma.
Dopo 54 anni, nel dicembre del 2014, Washington e la sua vicina latina più prossima, l’Avana, hanno ristabilito relazioni diplomatiche normali, con l’aiuto della mediazione vaticana. «Un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del "sistema della valorizzazione universale... sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo"», ha detto ieri, all’arrivo nella capitale, Francesco, citando l’eroe nazionale José Martí.
Per la gente comune, di qualunque credo politico o religioso, il Papa è indelebilmente associato alla svolta. «L’uomo del 17 dicembre», lo hanno ribattezzato i cubani, giorno dello storico annuncio dei presidenti Barack Obama e Raúl Castro. «Incoraggio i responsabili politici a proseguire su questo cammino», affinché diventino «esempio di riconciliazione per il mondo intero», ha aggiunto il Pontefice, ribadendo un altro concetto martiniano: «Cuba è un arcipelago che si affaccia verso tutte le direzioni, con uno straordinario valore come "chiave" tra nord e sud, tra est e ovest. La sua vocazione naturale è quella di essere punto d’incontro perché tutti i popoli si trovino in amicizia».
In base alla leggenda metropolitana, Fidel Castro - a cui il Pontefice ha inviato i saluti tramite il fratello - aveva previsto che ci volesse un Papa argentino per arrivare al disgelo. Non solo, lo avrebbe pure detto all’altro argentino più famoso dell’isola: Ernesto Che Guevara. Il suo volto stilizzato spicca su un lato di Plaza de la Revolución, a destra del palco dove, oggi, Francesco celebrerà la Messa. «Sarà bello sentire di nuovo l’accento argentino in questa piazza», dice Edith. Se i luoghi toccati da Francesco sono ormai pronti, il resto dell’Avana è un enorme cantiere. Si restaura tutto, dal Campidoglio alle viuzze del centro. Una metafora visiva della fase che attraversa il Paese.
La normalizzazione con gli Usa - tuttora sulla carta - ha prodotto un’ondata di ottimismo. Per quanto non manchino le battute al vetriolo sui possibili "contraccolpi". «Il socialismo è la via più lunga tra il capitalismo e il capitalismo», è uno dei motti più in voga. In realtà è difficile far rientrare l’economia cubana in una definizione classica. Forse la più azzeccata è quella scritta sui manifesti di propaganda governativa: "socialismo sostenibile". C’è un settore statale inefficiente e in declino che paga stipendi in pesos nazionali, intorno ai venti euro. E un settore privato parallelo, ancora in gran parte anarchico, da cui arrivano i dollari, o meglio i cuc, la seconda moneta cubana, ormai parificata all’euro.
A rendere "sostenibile" il mix è un debordante mercato illegale, in cui si trova tutto quello che lo Stato non dà e i privati non potrebbero avere. A prezzi, un po’ più accessibili. Tra luci ed ombre, però, le riforme proseguono. «Stavolta, a differenza della battuta di arresto dell’inizio anni Duemila, sarà difficile per il governo tornare indietro. Certo, resta ancora molta strada da fare, in particolare per attrarre capitali stranieri. A questo contribuirà il nuovo corso con gli Usa», aggiunge Omar Everleny Pérez Villanueva, del Centro studi sull’economia cubana dell’Avana. Un’istituzione ufficiale che, però, si è contraddistinta per aver elaborato analisi critiche e per collaborare con intellettuali dell’esilio. Tutte le principali aziende Usa hanno visitato l’isola di recente.
L’obiettivo è battere la concorrenza per assicurarsi un posto nel business futuro e nella "zona speciale" del Mariel, il nuovo porto commerciale della capitale. Mentre il Congresso Usa si interroga sulla fine dell’embargo, intanto, nel marzo 2016 Carnival porterà all’Avana il primo gruppo di croceristi a "stelle e strisce" autorizzati. Sull’isola, il prezzo degli alberelli deodorante è già aumentato.