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Usa 2016, «guerra» tra democratici

ELENA MOLINARI giovedì 19 maggio 2016
NEWYORK Un nuovo appuntamento con le primarie nell’Ovest americano mette in evidenza le profonde divisioni in casa democratica mentre, fra i repubblicani, Donald Trump è a un soffio dalla nomination e annuncia di voler incontrare il leader nordcoreano Kim Jong-un. La giornata di primarie ha assegnato l’Oregon a Bernie Sanders e il Kentucky (di misura e ancora non ufficialmente) a Hillary Clinton. Per l’ex segretario di Stato è stata un’ulteriore tappa di avvicinamento alla conquista della candidatura democratica, nonostante il rallentamento delle ultime settimane (ha perso dieci delle ultime diciassette votazioni) e un arretramento sostanziale in Kentucky, dove nel 2008 aveva vinto facilmente. Ma i sostenitori di Sanders appaiono ogni giorno più determinati a rivendicare un maggiore ruolo all’interno del partito e della convention. Il problema più grosso a loro dire è che Clinton otterrà la nomination solo grazie ai contestati superdelegati, leader del partito che possono scegliere libe- ramente quale candidato sostenere, e che hanno in massa scelto Clinton. Svanita la possibilità di uno scontro tra candidati al raduno repubblicano di luglio, dunque, ora lo spettro di disordini a una convention preoccupa i democratici. Il timore è una replica delle tensioni che si sono registrate alla riunione dei democratici del Nevada di sabato scorso, precipitata nel caos quando i sostenitori di Sanders hanno cominciato a protestare in modo vigoroso. Il pubblico ha fischiato la senatrice Barbara Boxer, impedendole di parlare, e ha iniziato a tirare sedie. La campagna elettorale di Sanders ha bollato come «una sciocchezza» le accuse rivolte dai leader democratici del Nevada. L’autoproclamato candidato «socialista» da parte sua però insiste con risentimento crescente che l’establishment «non rappresenta il popolo americano». Le polemiche sono destinate a restare vive fino all’estate. Ed è Donald Trump – che rimasto senza rivali ha intascato la vittoria in Oregon – a cercare di cavalcare la frattura, solidarizzando con Sanders. «I democratici lo hanno trattato molto male – ha detto il miliardario – il sistema sta manovrando contro di lui». Lo scopo, naturalmente, è di convincere parte dei sostenitori del senatore a votare per lui: «Molti dei suoi fan sono per me», ha twittato Trump. Il tycoon ha intanto fatto pace con la popolare giornalista televisiva Megyn Kelly, che per mesi ha insultato volgarmente. In un’intervista particolarmente conciliante, il magnate immobiliare e la anchorwoman della rete conservatrice Fox News si sono scambiati una serie di piacevolezze senza sostanza. «Quando sono ferito, attacco duramente», ha spiegato Trump. Più di peso l’intervista concessa alla Reuters nella quale il candidato per il partito repubblicano ha detto che vuole un faccia-a-faccia con il leader nordcoreano, che finora l’amministrazione americana ha puntato ad isolare. «Metterei un sacco di pressione sulla Cina, perché economicamente abbiamo un enorme potere sui cinesi. La gente non se ne rende conto – ha aggiunto Trump –. Possiamo risolvere quel problema con una riunione o una telefonata». Non solo: il miliardario ha detto che, se eletto, una delle prime iniziative sarà di rivedere l’accordo di Parigi sul clima che «tratta ingiustamente gli Usa mentre favorisce la Cina». Infine, a sorpresa, ha pubblicato una lista di giudici che nominerebbe alla Corte Suprema. Sono tutti rigorosamente conservatori (come Antonin Scalia, da poco scomparso). Una mossa per rassicurare i leader repubblicani. © RIPRODUZIONE RISERVATA TENSIONE La candidata democratica Hillary Clinton saluta i suoi sostenitori alla Transylvania University a Lexington, nel Kentucky. L’ex first lady è in vantaggio nella conta dei delegati per la nomination, ma Bernie Sanders non intende ritirarsi dalle primarie. (Reuters)