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Elezioni presidenziali. Un'Algeria divisa alle urne cerca il dopo-Bouteflika

Federica Zoja giovedì 12 dicembre 2019

La marcia di protesta nel cuore della capitale algerina

Oltre 24 milioni di cittadini sono chiamati alle urne in Algeria, in occasione del primo turno delle elezioni presidenziali, le prime dopo l’uscita di scena in aprile del raìs Abdelaziz Bouteflika. Il rischio astensionismo è elevatissimo. L’Autorità nazionale indipendente per le elezioni (Anie) ha rivolto un appello alla popolazione affinché partecipi a quello che le autorità presentano come «un evento storico e cruciale, una festa». E perché tutto si svolga nel migliore dei modi i circa 61mila seggi, dislocati sul territorio, saranno monitorati da più di 500mila osservatori autoctoni.

Tuttavia, la tornata si preannuncia più che controversa: alla vigilia del voto, nel centro della capitale, migliaia di persone hanno marciato contro il voto e le Forze armate che, nonostante l’avversione popolare, hanno imposto la consultazione. «Makache vote», «Nessun voto», è uno degli slogan più ricorrenti accanto a «Nessun voto sotto l’esercito». Attivisti e semplici cittadini, coordinati da al-Hirak, movimento trans-generazionale e trans-ideologico, chiedono che la scelta del nuovo presidente avvenga solo dopo il passo indietro di tutta l’élite politica, compromessa con l’ancien régime e dopo l’allontanamento degli alti gradi dell’esercito. La lista dei candidati alle presidenziali non soddisfa le attese dei manifestanti, essendo composta esclusivamente da cinque ex “alti papaveri” di Stato.

Eccoli: innanzitutto i due ex primi ministri Ali Benflis e Abdelmadjid Tebboune, che sono dati per favoriti dai sondaggi mainstream e che assicurerebbero una transizione nel segno della continuità. Il primo, 75 anni, ha guidato il governo sotto Bouteflika dal 2000 al 2003 e si è già candidato alla presidenza sia nel 2004 sia nel 2014, ottenendo al massimo il 12 percento delle preferenze. Tebboune (73 anni), invece, ha esordito al governo come ministro delle Comunicazioni nel 1999, durante il primo mandato di Bouteflika, ed è stato premier per alcuni mesi, dal maggio all’agosto del 2017.

Alla vigilia del voto, in extremis, il partito di maggioranza Fronte di liberazione nazionale (Fnl) ha dato il suo sostegno ufficiale all’ex ministro della Cultura, Azzedine Mihoubi, numero uno del Rassemblement démocratique national (Rdn), alter ego del Fln, di cui è alleato di ferro. Anche il partito el-Bina, di cui è esponente il quarto candidato, l’ex titolare del Turismo, Abdelkader Bengrina, ha sempre sostenuto Bouteflika. Della medesima area il movimento giovanile al-Moustakabal, che ha candidato Abdelaziz Belaid.

In 22 giorni di campagna, almeno 300 persone fra attivisti per i diritti umani, blogger, giornalisti, oppositori politici, sono stati arrestati con l’accusa di «aver minacciato la morale dell’esercito». È quanto si legge in un rapporto di Amnesty international che fa temere una svolta autoritaria in Algeria. In aumento pure la retorica contro le voci dissenzienti, tacciate di tradimento, spionaggio e offesa all’islam.