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Inchiesta. Filo spinato e campi minati: così l'Europa si blinda sul confine Est

Francesco Palmas martedì 4 giugno 2024

Un punto del confine tra Ucraina e Bielorussia

È sempre più blindato il confine orientale europeo. Il revisionismo russo e l’invasione dell’Ucraina hanno fatto risuonare molti campanelli d’allarme, soprattutto nei Paesi di frontiera, che si stanno attrezzando per parare ogni eventualità. Nell’est della Lettonia sono già partiti i lavori di fortificazione, con una prima linea di difesa intorno alla regione di Terekhov, parte dell’ampio vallo tribaltico anti-Armata Rossa. Molto ambiziosa, la Baltic Defense Line risale a gennaio scorso: prevede una rete di bunker per soldati, di punti d’appoggio cooperanti e di linee difensive elastiche, «per difendere ogni metro di territorio dalla prima ora», privando il nemico di ogni libertà di movimento, fin dal limes.

Spazio quindi al filo spinato, ai fossati anticarro, ai denti di drago, alle putrelle, ai campi minati, agli occhi elettronici e alle barriere con sacchi di sabbia. «Abbiamo bisogno di baluardi fisici, oltre che di armi e di uomini», chiosa il sottosegretario estone Susan Lillevali, le cui parole, citate dal portale Wion, valgono per Tallinn come per le altre due capitali della linea difensiva baltica. La sola Estonia spenderà 60 milioni di euro per erigere dal nulla 600 bunker, con particolare riguardo ai settori caldi di Narva, a nord, e di Voru più a sud, i più molli, perché altrove, il lago Peipus è un argine naturale alle mire nemiche. Ci saranno 4-5 fortezze per chilometro, scaglionate in profondità.

A partire dall’estate prossima, una ventina di opere difensive sorgerà anche in Lituania, grazie a uno stanziamento da 18 milioni di euro. Una prima idea dell’ordito difensivo è emersa da una dimostrazione pilota nel distretto di Vilnius ed ecco allora che i lituani si concentreranno soprattutto sul saliente di Suwalki, una striscia di pianura in comune con la Polonia, lunga 91chilometri, vulnerabile strategicamente. Suwalki separa l’exclave russa di Kaliningrad dalla Bielorussia, un altro fantoccio di Mosca. Per il professor Lukas Milevski, la Lituania avrebbe bisogno di oltre 2mila bunker, densamente strutturati lungo una frontiera più esposta a quella dei due vicini più settentrionali.

Oggi come oggi, nonostante l’ombrello della Nato, la configurazione dell’area solleva qualche interrogativo difensivo perché, in caso di guerra lampo dell’Armata rossa, gli Stati baltici sarebbero tagliati immediatamente fuori dalla Nato e dall’Ue, soprattutto se il Cremlino mettesse simultaneamente in scacco l’isola svedese di Gotland, al largo della Lettonia. Ecco il perché delle misure anti-mobilità di Vilnius, Riga e Minsk, che sono mosse ritardatrici, per guadagnare tempo nell’attesa di maggiori rinforzi alleati che, in futuro beneficeranno pure della speditezza della ferrovia baltica, in un corridoio di 870 chilometri fra Helsinki e Varsavia, disegnato e finanziato dall’Ue e da Vilnius, Riga e Minsk.

Fortunatamente la minaccia russa è ancora fantapolitica, ma le recenti sparate del ministero della Difesa moscovita sulla rivisitazione delle frontiere baltiche e la provocazione di maggio al confine con l’Estonia non lasciano presagire nulla di buono. Stesso nemico, stessa musica anche in Polonia, che ha annunciato da poco il suo progetto da 2,4 miliardi di euro per sigillare le frontiere con Kaliningrad e la Bielorussia, complementare all’iniziativa baltica. Anche qui sorgeranno bunker, campi minati e fossati anticarro, con una cortina di ferro che prenderà il nome di Scudo dell’Est: 700 km di barriere per rendere l’eventuale attacco del paese meno probabile.

Come le tre capitali baltiche, anche Varsavia starebbe valutando di denunciare la convenzione di Ottawa che mette al bando le mine antiuomo, cui la Polonia potrebbe ricorrere in caso di guerra conclamata. I 4 aerostati di allerta precoce ordinati agli Stati Uniti puntelleranno dal 2027 l’est e il nord-est del Paese, sorvegliando lo spazio aereo minuto dopo minuto, con sensori in allerta a scrutare 300 e passa km di distanza e permettere di replicare, se necessario. Sia i baltici, sia i polacchi hanno già comprato missili e lanciarazzi a lunga gittata e, il 27 maggio scorso, il ministro polacco della difesa, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, ha evocato un contratto plurimilionario per comprare missili da crociera da oltre 900 km di raggio.

E non è tutto, perché dalla Finlandia, passando per la Norvegia, i baltici e la Polonia, sorgerà pure una muraglia di sentinelle elettroniche, con i droni a sorvegliare confini instabili per la guerra ibrido-camaleontica del Cremlino. Una movenza che preoccupa il nord come la Romania, altro paese esposto, sul mar Nero; a Costanza, sorgerà la più grande base militare della Nato nel Vecchio continente. Partiti, i lavori da 2,5 miliardi di euro, saranno ultimati nel 2030, quando la Russia sarà verosimilmente ancora il nemico numero uno dell’est europeo.

Da sapere

La linea Maginot: dal 1928, le difese volute dai francesi

La linea Maginot fu un complesso di opere difensive costruito dai francesi a partire dal 1928 in una parte del confine con la Germania. Prende il nome dal ministro André Maginot che fu uno dei suoi sostenitori. Nei piani degli Stati maggiori transalpini doveva servire a respingere eventuali assalti provenienti dal bellicoso vicino. In teoria tutta la frontiera doveva essere fortificata ma poi ne venne rafforzata solo una parte. La costruzione non fu portata a termine e, nel 1940, si rivelò inutile davanti ai tedeschi che la aggirarono con i carri armati.