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Il business della guerra. Un piano miliardario della Ue per la difesa

Giovanni Maria Del Re, Bruxelles mercoledì 6 marzo 2024

Un carro armato tedesco Leopard durante una esercitazione

L’Europa deve dotarsi di un’industria della difesa più efficiente e capace di rispondere alle nuove minacce che vengono dalla Russia. È uno scenario quasi di guerra alla base delle proposte illustrate ieri a Bruxelles dalla Commissione Europea per una Strategia industriale europea di difesa (Edis) e un Programma europeo per l’industria della difesa (Edip), con un fondo da 1,5 miliardi di euro. «Due anni fa – scrive Bruxelles – la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha segnato il ritorno di un conflitto ad alta intensità sul nostro continente».

«Allora – avverte l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell – dissi che l'Europa era in pericolo. Purtroppo, avevo ragione: l'Europa era ed è ancora più in pericolo, la guerra è ai nostri confini». Adesso «un elemento cruciale – scrive la Commissione – è la capacità della base tecnologica e industriale della difesa europea di fornire alle forze armate degli Stati membri i sistemi e le attrezzature di difesa richiesti, quando ne hanno bisogno e nei volumi necessari».

E il fatto è, avverte la vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager, che «negli ultimi due anni ci siamo trovati di fronte a una industria della difesa senza una capacità di produzione sufficiente per rispondere alla domanda in rapido aumento», con «la ben nota frammentazione secondo linee nazionali, limita l’economia di scala, crea sfiducia e inefficienze». La danese ricorda che in Europa gli Stati membri spendono per «due, tre, quattro a volte cinque tipi diversi di ogni armamento», mentre gli Usa ne hanno uno solo. Inoltre, «dall'inizio della guerra fino a giugno del 2023 sono stati spesi circa 100 miliardi di euro per la difesa europea. Di questi, quasi l'80% è stato extra-Ue, di cui circa il 60% dagli Stati Uniti». Borrell ricorda che «l’industria della difesa europea ha già aumentato del 50% le sue capacità», ma «bisogna andare oltre». «Nel 2022 – aggiunge l’Alto rappresentate – gli investimenti nella difesa sono stati 58 miliardi di euro divisi tra i Ventisette. Negli Usa il Pentagono ha chiesto investimenti per 215 miliardi di euro».

La Strategia punta a incentivare la cooperazione sul fronte degli appalti, favorire gli investimenti degli Stati membri e la creazione di standard comuni. Con obiettivi precisi: appalti congiunti per almeno il 40% degli armamenti (ora siamo al 18%) entro il 2030; assicurare che il valore del commercio della difesa dentro l’Ue sia al meno il 35% del valore complessivo del mercato, sempre entro il 2030. Infine acquisire con gare d’appalto il 50% del bilancio all’interno dell’Ue entro il 2030 e il 60% entro il 2035. Quanto all’Edip, questo prevede di «mobilitare 1,5 miliardi del bilancio Ue per il periodo 2025-26 per continuare a migliorare la competitività» dell’industria e della tecnologia di difesa. Di per sé una cifra irrisoria, ma, spiega Borrell, «il fondo è un incentivo per investire, non per sostituirsi agli Stati». Il commissario al Mercato interno Thierry Breton però rilancia sugli eurobond per la difesa, chiesti dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla premier estone Kaja Kallas. La prossima Commissione, dice, «dovrà lavorarci». Molte capitali guardano con sospetto a queste proposte, gelose delle proprie competenze nazionali, ma Bruxelles rassicura di non volere avocare a sé la difesa. «Nessuno (alla Commissione ndr) – avverte Breton – vuole accaparrarsi le prerogative degli Stati, dovremmo cambiare i trattati». E Borrell rifiuta l’idea lanciata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di un «commissario alla Difesa».

«Semmai un commissario all’Industria della difesa, altrimenti creiamo confusione», avverte, «perché gli eserciti sono competenza esclusiva degli Stati», Bruxelles ha quella sulla politica industriale. Altro punto cruciale: niente duplicazione con la Nato, con la quale Bruxelles dice di volere «complementarietà» e coordinamento.