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Ucraina. Catturata dai russi perché insegnava la musica ucraina. E' riuscita a fuggire

Nello Scavo lunedì 11 settembre 2023

Natalya Kholmatova dopo essere fuggita dalla prigionia

Natalya Kholmatova si era rifiutata di cancellare dal programma scolastico l’insegnamento della storia musicale ucraina, da sostituire integralmente con la tradizione russa. Di lei si erano perse le tracce un anno fa, come di altri insegnanti ucraini spariti o arrestati in questi giorni per essersi opposti alla “didattica” imposta dal Cremlino. Ma Natalya, direttrice dell’“Istituto musicale n. 3” di Kherson è riuscita a fuggire ed è tornata a scuola per riprendere l’incarico all’avvio del nuovo anno scolastico.

Di altri, come Oleg, il docente delle medie che di eliminare la lingua ucraina non ne voleva sapere, non si sa più nulla. I suoi ex colleghi dicono che sia stato portato a Mariupol, costretto a lavorare alla rimozione delle macerie.

L’anno scolastico nei territori occupati dalla Russia è cominciato con i peggiori auspici. Il programma didattico è quello deciso a Mosca. Gli studenti delle ultime classi delle scuole superiori dovranno subire un addestramento militare di base: imparare a usare i fucili d’assalto Kalashnikov e le bombe a mano, pilotare droni e prestare i primi soccorsi. Sono stati introdotti nuovi libri di testo che spiegano come l’operazione militare speciale, che mai viene chiamata guerra, è solo espressione della legittima difesa contro i «nazisti ucraini» spalleggiati da una coalizione internazionale il cui unico pensiero è quello di conquistare e sottomettere la Russia.

Natalya Kholmatova, la seconda da sinistra, con le sue colleghe di istituto a Kherson - Social Network

La professoressa Kholmatova è concentrata sulla riapertura delle lezioni. «La mia posizione era molto chiara. Tutti lo sapevano: amici, colleghi e, naturalmente, tutti i traditori - racconta -. Ho sempre espresso apertamente il mio punto di vista, citando per nome quei traditori che lavoravano nell'amministrazione della cultura a Kherson sotto gli occupanti». Provarono a intimidirla, ma senza esito. Così il il 17 agosto 2022 è stata pedinata da un gruppo di agenti più folto del solito. Bussano forte alla porta. «Sono venuti a prendermi», dice al marito. Due militari hanno bloccato l’ingresso e altri sei hanno bloccato i marito che urlava e reagiva. «Mi hanno concesso 5 minuti per prendere le mie cose», ha raccontato ai media locali la , le fu permesso di portare con sé le medicine, quindi trascinata in macchina con una borsa in testa, pressata da tutti i lati e partì in una direzione sconosciuta. «L'interrogatorio è iniziato già in macchina. Mi è stato detto che sarei stata processata ai sensi della legge sull'estremismo, il che significa da 3 a 8 anni di prigione», ricorda di quelle prime ore da prigioniera. Poi un interrogatorio interminabile, durato 9 ore. La professoressa non era stata imprudente. «Sapevo perfettamente che un giorno sarebbe arrivato il momento in cui i rappresentanti delle autoproclamate autorità sarebbero venuti da me, con un'offerta di collaborazione o meno in modo amichevole. Non uscivo mai da sola, mio ​​marito e mio figlio erano sempre con me. Poi si è scoperto che ogni nostro passo veniva osservato attentamente».

Il resto della storia è stato raccontato in ogni dettaglio agli investigatori ucraini che raccolgono elementi di indagine sui crimini di guerra. Si sa che quando tutti la davano per dispersa, probabilmente per morta, Kholmatova è riuscita a fuggire dalla prigionia approfittando della controffensiva ucraina. Il suo nome era ancora nella lista dei ricercati ma con qualche escamotage e buoni contatti sul terreno è riuscita a raggiungere il distretto di Zaporizhia nell’area sotto il controllo di Kiev. Ora è tornata a Kherson dove è tornata a coordinare il lavoro nella scuola di musica, e con se tiene non solo gli amati spartiti, ma i nomi di chi per paura o per calcolo l’ha tradita.

Natalya Kholmatova al pianoforte nella scuola di musica di Kherson - Social Network

Non è facile raccogliere le storie da dietro le trincee delle forze di occupazione. La rete di informazione clandestina incontra molti ostacoli e di tanto in tanto qualcuno sparisce e le notizie si perdono. Negli ultimi giorni sono arrivate diverse conferme dagli “insegnanti partigiani”. Nelle aree più vicine alle città liberate o a quelle mai conquistate dai russi, la connessione Internet libera e protetta dalla schermatura ucraina riesce a raggiungere alcuni villaggi occupati. È così che, adoperando reti protette da “vpn”, questi insegnanti riescono a stare in contatto con gli scolari ucraini sotto il controllo russo, per contrastare la didattica imposta dagli invasori. L’intelligence russa ha appreso di queste operazioni considerate di “disinformazione” e per scoraggiarle arresta gli studenti, li maltratta e poi li lascia tornare a casa di modo che possano raccontare a tutti cosa succede se si resta in contatto con i docenti ucraini. Anastasia è una di questi docenti. Ha raccontato che un suo studente di 13 anni nel villaggio di Vasylivka, sud di Zaporizhzhia lungo la strada per Melitopol, è stato arrestato dalla polizia segreta russa, interrogato, maltrattato, infine rilasciato con il consiglio di far sapere in giro cosa può succedere ai «collaborazionisti del regime ucraino». I bambini deportati tornati in patria, confermano che la militarizzazione dell’educazione è uno delle armi dell’occupazione. Alisa, 8 anni, insieme al fratello maggiore hanno dovuto apprendere poesie russe che inneggiano all’esercito del Cremlino e dileggiano i soldati e la cultura ucraina.

Anche in Russia ci sono manifestazioni di disagio. Alcuni insegnanti hanno espresso contrarietà ai nuovi libri di testo che falsificano la storia e pregiudicano l’apprendimento e la formazione degli scolari.

«Nel piano di studi russo – racconta ancora la professoressa Anastasia – la militarizzazione domina la vita nei territori occupati e la scuola non è diversa. Hanno creato un movimento paramilitare chiamato “Giovane Sud”, in cui costringono i bambini a indossare uniformi militari e marciare per le strade. Costringono i ragazzi a scrivere lettere ai soldati russi in servizio in Ucraina, insegnando loro che l’Ucraina è uno stato banderista nazista a cui non appartengono. Mentono su tutto».

Oksana Minikova, ex preside proprio a Vasilivka, ora vive nella parte ucraina di Zaporizhzhia. Dice che diversi suoi studenti rimasti bloccati nelle zone occupate, prima della guerra non amavano la scuola, ma ora “studiare a distanza” è diventata una forma di sopravvivenza e resistenza. Oksana dice che per le lezioni clandestine usa gli stessi metodi di insegnamento adoperati ai tempo del Covid. Non aggiunge molto altro, solo che lungo i villaggi dall’altra parte del fiume, «132 hanno accettato di continuare gli studi del programma ucraino». L’importante è nascondere bene gli appunti, perché l’arma dei libri a Mosca non è meno temuta della polvere da sparo.