Conflitto europeo. Ucraina, gli aiuti russi «portano» lo scontro
A un giorno dalla partenza del convoglio umanitario russo diretto in Ucraina orientale, la tensione tra Kiev e Mosca sembra inalterata anche dopo le smentite del Cremlino su un possibile “cavallo di Troia” che invece le autorità ucraine temono potrebbe nascondersi dietro la discussa azione umanitaria.
La destinazione finale rimane ignota (la regione di Lugansk probabilmente), come anche il punto del confine dove dovrebbe avvenire il passaggio del carico in territorio ucraino. Sebbene fonti ufficiali da entrambe le parti abbiano indicato il posto di frontiera di Cebekino-Pletniovka nella regione di Kharkiv, zona interamente controllata dalle forze di Kiev, ieri sera diversi organi di informazione ucraini hanno sollevato dubbi sul tragitto, ipotizzando addirittura la volontà di entrare direttamente nella regione di Lugansk.
Altra cosa non chiara – e oggetto fino adesso di dure polemiche tra i due Paesi – è se i mezzi russi lasceranno il loro carico in custodia alla Croce rossa internazionale o proseguiranno lungo il corridoio umanitario richiesto da Mosca. Particolare che segna la differenza tra una dimostrazione di forza e un ingresso in Ucraina non autorizzato che Kiev, Nato e Ue hanno più volte sconsigliato. Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha messo in chiaro che una volta giunti alla frontiera i mezzi del convoglio riceveranno targhe locali e l’operazione passerà sotto l’egida della Croce rossa internazionale, mentre la rappresentanza russa all’Onu ha fatto sapere che Mosca ha consegnato alla Croce rossa la lista dettagliata dei prodotti trasportati. Ma è una garanzia che le autorità ucraine continuano a non ritenere sufficiente. «L’Ucraina non darà alcun permesso d’ingresso al convoglio umanitario di Putin – ha affermato il ministro dell’Interno ucraino, Arsen Avakov –. Non permetteremo provocazioni di un cinico aggressore sul nostro territorio». Più o meno la stessa linea appoggiata dai più influenti leader europei (Hollande in testa) e dalla Nato che ha già definito inaccettabile qualsiasi tentativo di ingresso non autorizzato. In tutta risposta Lavrov ha bollato come assurda ogni asserzione su possibili secondi fini del convoglio.
Nel frattempo nelle regioni orientali si continua a combattere stando a quanto reso noto dall’Onu. In soli quindici giorni ci sono stati mille morti: il numero di vittime causate dal conflitto è quindi raddoppiato, arrivando a 2086, tra questi anche 20 bambini. Ieri dodici paramilitari del gruppo nazionalista ucraino Pravi Sektor sono stati uccisi in un’imboscata dai separatisti a Mandrikino, a Sud di Donetsk, mentre viaggiavano su un autobus. Formazione considerata di estrema destra e vero e proprio partito politico dal marzo scorso, Parvi Sektor (settore destro) è stato protagonista durante gli scontri di piazza Maidan del novembre 2013 che hanno portato alla destituzione di Janukovich. Dmitro Iarosh, leader del movimento, è ricercato in Russia per incitamento al terrorismo. Intanto è cominciata la visita di Putin in Crimea. Un viaggio di lavoro, come da definizione del Cremlino, che contempla la riunione del Consiglio di sicurezza russo (ieri al quartier generale della flotta del Mar Nero) e l’atteso discorso di oggi ai parlamentari della Duma.