Ucraina. Mariupol, la città distrutta diventa l'hub militare dell'esercito russo
La città di Mariupol devastata dai bombardamenti
Mariupol sta diventando un immenso hub militare per l’esercito russo. La città martire simbolo della resistenza ucraina, che dopo 86 giorni di assedio è stata costretta ad arrendersi a fine maggio, rimane nelle mani di Mosca che, da una parte, la sta radendo al suolo e, dall’altra, la riempie di soldati e di materiale bellico. Sarebbero decine di migliaia i militari in procinto di giungere nelle periferie e potrebbero essere impiegati non solo per difendere i territori controllati dal Cremlino ma anche per lanciare una nuova offensiva in occasione del primo anno di guerra che cade il 24 febbraio. «Gli occupanti stanno trasportando attrezzature e truppe. E pensano di utilizzare i cosiddetti nuovi edifici come fortificazioni», ha spiegato il sindaco in esilio Vadym Boychenko. Sono gli stabili che l’amministrazione provvisoria sta costruendo a tempo di record per dare una parvenza di rinascita a una città sfigurata e semi-deserta dove chi è rimasto vive in un clima di terrore. Come testimoniano le continue perquisizioni ai «residenti di Mariupol che gli occupanti vedono sempre come nemici», scrivono gli abitanti nelle chat che li collegano all’Ucraina libera.
Mariupol, la città martire in mano alle truppe di Mosca con i segni della Federazione Russa - Telegram
Sono stati loro a denunciare i «controlli di massa» dei telefonini nei quali «si cercano gruppi social filoucraini o simboli “nazisti”, come ripetono i militari russi». E anche ai bambini nelle scuole. «I ragazzi sono sotto choc dopo le irruzioni delle scorse ore nelle classi. Non è chiaro che cosa stessero cercando. Gli alunni sono stati intimiditi. Sono stati compilati elenchi. E ora gli studenti hanno paura di frequentare le lezioni», avvertono i messaggi inviati oltre la cortina di ferro alzata dal nemico. Anche gli insegnanti sono sottoposti a ispezioni che sanno molto di intimidazione. E ieri a fomentare l’”incubo Mariupol” hanno contribuito «cinque forti esplosioni di fila nell’area del porto dove gli occupanti hanno recentemente schierato i carichi militari e i sistema di difesa anti-aerea», ha reso noto il consigliere del sindaco, Petro Andriushchenko. Oggi il 90% della città sulla costa del mar d’Azov è distrutta per i bombardamenti e gli scontri. La parte sulla riva sinistra non esiste più: è stata abbattuta dai russi. Un’operazione di sistematica rimozione degli orrori del conflitto che sta interessando anche interi agglomerati dell’altra sponda dove «gli abitanti non riconoscono neppure più le vie dove sono nati o hanno vissuto».
Mariupol, la città martire in mano alle truppe di Mosca con i segni della Federazione Russa - Telegram
Sembra anche il destino di Bakhum, la città sventrata nella regione di Donetsk che adesso è l’epicentro dei combattimenti, come lo era stata Mariupol a primavera. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Shoigu, ha rivendicato i successi sul campo facendo riferimento a un’«avanzata» delle forze di Mosca e al fatto che si stanno «macinando» le armi fornite dall’Occidente. Una versione respinta da Kiev che, anzi, annuncia l’abbattimento di un aereo d’attacco nemico. «Stiamo contrastando i tentativi di circondare la città e di romperne la difesa», ha detto il presidente Zelensky parlando di «particolare attenzione rivolta a Bakhmut». Secondo gli 007, la pressione sulla città viene da tre parti e i militari ucraini hanno ripiegare da alcuni punti: l’ipotesi è che debbano ritirarsi oltre il fiume. «Non voglio affatto questa guerra. Combatto affinché finisca il prima possibile», confida un militare della guardia nazionale nel videomessaggio inviato dalle trincee.
Nella zona è in azione il gruppo paramilitare russo Wagner “riconosciuto” dal governo di Mosca che ieri ha approvato la nascita di una nuova organizzazione militare privata. L’ha fondata il colosso energetico Gazprom che si è appellato alla legge “sulla sicurezza delle strutture strategiche” la quale consente alle imprese del settore di dotarsi di un «gruppo di sicurezza» proprio. E mentre dagli Usa arriva l’indiscrezione che il presidente americano Biden potrebbe visitare la Polonia a fine mese, a un anno dall’inizio dell’invasione, si alzano i toni fra Mosca e Kiev sulla questione dell’invio delle armi, anche dopo l’annuncio di Germania, Olanda e Danimarca di spedire almeno 100 carri armati Leopard. «Gli Stati Uniti e i loro alleati - ha sostenuto il ministro russo Shoigu - hanno iniziato a fornire armi pesanti invitando apertamente l’Ucraina a impadronirsi dei nostri territori. Sono misure che possono portare a un livello imprevedibile di escalation». Dura la replica di Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale e uno degli uomini più vicini a Zelensky: «Nessuno ci vieta di distruggere obiettivi sul territorio russo con armi di fabbricazione ucraina». Parole pronunciate nel giorno in cui si è dimesso il ministro della Difesa, Oleksii Reznikov, travolto dagli scandali di corruzione (che dovrebbe essere sostituito dal capo dell’intelligence militare, il 37enne Kyrylo Budanov) e mentre veniva ratificata la nomina di Ihor Klymenko a nuovo ministro degli Interni dopo la morte del suo predecessore nell’incidente dell’elicottero a gennaio nell’hinterland di Kiev.