L'intesa c’è, almeno sulla carta. Una intesa che, se sarà rispettata – a differenza di quanto accade in quella del 22 febbraio (divenuta carta straccia in una paio d’ore) – potrebbe disinnescare la più pericolosa crisi in Europa dalla fine della Guerra fredda. Perché ieri a Ginevra, in una maratona negoziale che ha visto riuniti i ministri degli Esteri di Russia, Ucraina, Usa più il loro omologo Ue, l’Alto rappresentante Catherine Ashton, è stato concordato un testo che raccoglie sia molte delle istanze di Mosca, sia di Kiev. «È stato un buon giorno di lavoro» ha detto in serata il segretario di Stato americano John Kerry, anche se Barack Obama ha poi parlato «solo di una chance d’intesa diplomatica». Che le chance non fossero cattive – a dispetto del malumore degli ucraini, che non avrebbero voluto i russi al tavolo – si era capito fin dalla mattina da dichiarazioni dello stesso presidente russo Vladimir Putin, che definiva «molto importante » l’incontro pronosticando una «reciproca intesa» tra Mosca e Kiev. Nella dichiarazione firmata da tutte e quattro le parti, si parla di un accordo per «primi, concreti passi per una de-escalation delle tensioni e il ripristino della sicurezza per tutti i cittadini». Si afferma che «tutte le parti devono astenersi da qualsiasi violenza, intimidazione e azioni provocatorie». Soprattutto ci si rivolge sia alle milizie ultranazionaliste ucraine, sia però anche ai rivoltosi filorussi dell’Est, affermando che «tutti i gruppi armati devono essere disarmati, tutti gli edifici occupati illegalmente devono essere restituiti ai legittimi proprietari, e tutte le strade, piazze e altri luoghi pubblici in città ucraine occupati illegalmente devono essere liberate». Si promette l’amnistia per tutti i rivoltosi ad eccezioni di «quanti sono colpevoli di gravi reati». Altro punto cruciale, alla missione dell’Osce, già varata, si attribuisce «un ruolo guida nell’assistere le autorità ucraine e le comunità locali nell’immediata attuazione di queste misure per la de-escalation». Usa, Ue, e Russia si impegnano a sostenere la missione proprio osservatori. Infine, c’è l’impegno che il processo costituzionale sarà «inclusivo, trasparente e responsabile » con un «ampio dialogo nazionale, che si estenderà a tutte le regioni ucraine». Un allusione all’offerta avanzata dal ministro degli Esteri ad interim di Kiev, Andrii Deshchytsia, di un pacchetto di misure per una maggiore autonomia delle regioni. Non si è parlato invece delle truppe russe ammassate ai confini ucraini, mentre gli Occidentali hanno ribadito che l’annessione della Crimea, che, ha detto Kerry, «rimane una questione aperta».Per Mosca è un ottimo risultato, significativamente, il primo ad annunciare l’accordo è stato proprio il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov. Il quale ha ribadito ancora una volta che «non c’è nessun nostro desiderio di inviare truppe anche perché è contro i nostri stessi interessi fondamentali». Il ministro ha però duramente criticato la nuova disposizione del governo di Kiev che chiude le frontiere ai maschi russi tra i 16 e i 60 anni, minacciando rappresaglie. Certo è che gli occidentali, americani in testa, sono apparsi prudentemente soddisfatti dall’intesa. «L’accordo non sarà realtà – ha avvertito Kerry – se i principi non saranno attuati». Il pensiero corre proprio all’accordo del 22 febbraio, che prevedeva molti dei punti dell’intesa di ieri a Ginevra, tra cui proprio lo smantellamento delle milizie armate che non è mai avvenuto. E certamente la pressione su Mosca rimane, «se non vedremo progressi, ci saranno sanzioni addizionali con costi addizionali», ha avvertito Kerry. In realtà per ora proprio lo spettro dell’aggravarsi delle sanzioni, e soprattutto dell’introduzione di quelle che un po’ tutti temono – quelle economiche, la “fase tre” prevista dagli europei – per il momento si allontana un po’. Soprattutto sul fronte europeo, che a questo punto, salvo un drammatico aggravamento della situazione in Ucraina e l’effettivo ingresso di truppe di Mosca in Ucraina, difficilmente vedrà il passaggio alla famosa “fase tre”. Molto soddisfatto il ministro degli Esteri Federica Mogherini: l’accordo, ha detto, «segna una svolta nella crisi ucraina, con l’inizio della fase del dialogo. Si tratta non della conclusione bensì dell’inizio di un percorso in cui abbiamo fortemente creduto e per cui abbiamo lavorato, ma che non era scontato ». C’è solo da sperare che almeno questa volta il testo non diventi carta straccia in poche ore.