Ucraina. Liudmyla, la «prof coraggio»: la mia scuola sempre aperta sotto le bombe
La professoressa ucraina Liudmyla Tabolina, uno dei 50 migliori docenti al mondo
Quando ai suoi studenti ha chiesto di rispondere alla domanda «Che cosa ti rende felice?», sapeva che in tempo di guerra c’è bisogno di riferimenti all’apparenza semplici per chi ha 11 o 12 anni. «Qualcuno mi ha parlato della mamma; altri della camera o del gatto. Ma uno di loro ha spiegato che la sua serenità dipendeva dalle “pasticche di iodio che mio padre è riuscito a comprare”, quelle che “ci proteggono dalle esplosioni atomiche”». Liudmyla Tabolina prova a sorridere. Ma, come confida, «ormai i ragazzi parlano e scrivono solo di missili, droni, battaglie. Il conflitto è un chiodo fisso nella mente. Vorrei che la letteratura li aiutasse a evadere,ma è difficile farli pensare ad altro». Anche a lei, docente di lingua ucraina, l’invasione russa ha cambiato la vita. Sotto le bombe ha tenuto aperta la sua scuola ogni giorno a Kharkiv. Ha trasformato il seminterrato dell’istituto in un bunker per le famiglie. Ha allestito una mensa per gli sfollati fra le aule. Ha fatto lezione sottoterra ai piccoli rifugiati. Ha distribuito aiuti sui banchi. Si è mobilitata per evacuare alunni e genitori. E alla fine persino lei è stata costretta a lasciare la città e a trasferirsi a Kiev per tornare ad avere davanti agli occhi una classe in carne e ossa di adolescenti. «Ho fatto solo il mio dovere mentre Kharkiv veniva attaccata, traducendo l’impegno educativo in solidarietà», si schernisce.
Liudmyla è una delle migliori cinquanta insegnanti del mondo. E domani 8 novembre sarà a Parigi per la cerimonia degli Oscar dei “prof” che si tiene nell’ambito della Conferenza generale dell’Unesco. Scelta fra 7mila nominativi di 130 Paesi, si è ritrovata a essere una celebrità in Ucraina. La “maestra coraggio” di 44 anni. «Soprattutto l’insegnante maratoneta che ogni giorno si faceva undici chilometri a piedi per andare e tornare da scuola, la numero 10», scherza. Due ore a tratta fra esplosioni, missili in cielo, palazzi bombardati, posti di blocco, colpi d’artiglieria. Erano le prime settimana dell’aggressione russa e la metropoli aveva alle porte l’esercito di Mosca. «Mantenere il plesso sempre aperto in una città sotto tiro è stato un segno di speranza. La resistenza passa anche dal fronte culturale, non solo militare. Le porte erano spalancate persino nei fine settimana e la domenica. Tutti sapevano di noi. Centinaia di persone hanno vissuto negli scantinati. Con il cibo che era destinato agli studenti, abbiamo sfamato chi aveva la casa distrutta. La scuola fungeva da rifugio e da hub umanitario. Abbiamo aiutato a reperire medicine, assistenza, fare qualche lavoretto per sopravvivere».
La professoressa "coraggio" Liudmyla Tabolina in classe a Kiev - Liudmyla Tabolina
Prima della guerra, l’istituto contava 535 allievi e 55 docenti, dalle elementari alle superiori. Liudmyla insegnava alle medie. «Ma nel periodo più duro sono stata anche la professoressa dei piccoli che si nascondevano nello stabile. Erano bambini della primaria. Quando non c’erano gli allarmi aerei, salivamo in aula. Molti dei colleghi avevano lasciato l’Ucraina. E così, con il permesso dei genitori, sono stata la supplente dentro il rifugio». Con le truppe del Cremlino a pochi chilometri di distanza, convinte di conquistare Kharkiv (ma non sarebbe mai avvenuto), la "prof" ha nascosto tutti i documenti sensibili. «C'erano nomi e indirizzi, compresi di genitori che erano in polizia o arruolati nelle forze armate. I russi avrebbero potuto utilizzarli per rastrellare le famiglie. Non potevamo lasciare loro questa opportunità».
Nella primavera 2022 le lezioni sono riprese: solo online. «Un terzo dei miei ragazzi era all’estero, fra Turchia, Irlanda, Austria. Appena un quarto si trovava ancora a Kharkiv; il resto sparso nel Paese – spiega –. Per i continui blackout elettrici ho tenuto molti corsi al buio, con una torcia davanti al pc o al cellulare». Alla fine dell’anno scolastico ha suonato l’ultima campanella benché la scuola fosse deserta. «E ho ballato il valzer con i neo diplomati: naturalmente via Internet».
Liudmyla Tabolina lungo le strade dell'Ucraina - Liudmyla Tabolina
A Kiev lavora nel Liceo dell’educazione. «Perché avevo necessità di stare in mezzo agli studenti: prima il Covid, poi le bombe ci hanno imposto la didattica a distanza. Oggi non siamo soltanto insegnanti ma psicologi e confessori che ascoltano i traumi e le paure dei nostri giovani». Una pausa. «Ormai anche i ragazzi delle regioni russofone dell’est e del sud vogliono parlare ucraino nonostante facciano fatica o sbaglino la pronuncia. La nostra lingua non è inferiore a quella di Mosca». E i libri russi? «Tutti tolti dalla biblioteca. La letteratura del nemico è stata messa al bando».