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Verso la crisi umanitaria. Ucraina, popolazioni in fuga e frontiere chiuse

giovedì 5 giugno 2014
Corre lungo il confine tra l'Ucraina orientale e la Russia il nuovo fronte, militare e umanitario, del conflitto tra Kiev e i separatisti filorussi. Il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turcinov ha annunciato la chiusura parziale della frontiera orientale per impedire l'arrivo di armi e militanti nelle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk. Un confine attraversato ogni giorno da migliaia di ucraini in fuga dalle violenze, secondo Mosca, anche se i numeri variano a seconda delle fonti. Il premier russo Dmitri Medvedev ha accusato le autorità ucraine di "mentire" negando l'assenza di profughi che scappano in Russia e ha definito la situazione umanitaria "senza precedenti", sostenendo che ogni giorno circa 3000 persone arrivano nella confinante regione russa di Rostov sul Don. Le autorità locali tuttavia non confermano che si tratta di rifugiati, mentre per Kiev la vera emergenza sono gli sfollati interni, ossia le migliaia di abitanti che lasciano l'est per altre zone più sicure del Paese, a partire da Kiev. Secondo i dati forniti oggi in una conferenza stampa da una ong ucraina, "Il cerchio della fiducia", sarebbero 70mila, 100mila con quelli che hanno abbandonato la Crimea, ma sono cifre difficili da verificare. Secondo i calcoli dell'Onu, a fine maggio il numero di profughi interni in Ucraina, sia dalle regioni orientali che dalla Crimea, aveva raggiunto 'solò quota 10.000. Una settantina di loro ha trovato rifugio temporaneo nella ex residenza del deposto presidente Viktor Yanukovich, nei pressi di Kiev, altre centinaia invece a Dnipropetrovsk nella villa - sequestrata - del deputato ed ex candidato presidenziale Oleg Tsariov, indagato per istigazione al separatismo. In ogni caso Mosca è indignata dalla decisione di Kiev di chiudere le frontiere: "Invece di aprire questi confini per tutti coloro che desiderano lasciare l'area delle azioni militari, essi vengono chiusi. È assolutamente offensivo e inaccettabile", ha dichiarato Aleksandr Lukashevich, portavoce del ministero degli Esteri russo, mentre Medvedev se la prendeva anche con "il cosiddetto G7" e il suo sostegno alle azioni militari "moderate" di Kiev: "È di un cinismo senza limiti", ha accusato, ma il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha replicato che il governo ucraino "ha il diritto costituzionale" di intervenire per "ristabilire l'ordine". Quello che sta accadendo lungo il confine russo-ucraino potrebbe nascondere anche un'altra verità. Le guardie di frontiera ucraine, infatti, hanno abbandonato almeno tre postazioni di valico nella regione di Lugansk, a Dolianski, Chervona Mogila e Chervonopartizansk, dove hanno subito l'assalto di consistenti forze filorusse, anche con blindati. Sono state loro stesse a chiedere al governo la chiusura "di una serie di punti di passaggio" e l'invio di truppe "per la difesa della frontiera", come si legge in un comunicato. Frontiera dove oggi testimoni hanno riferito di aver visto passare diverse persone a piedi, trascinando valige o portando sacchi di effetti personali. Del resto fuggire per via area è ormai impossibile dalle regioni orientali: dopo quello di Donetsk, oggi ha chiuso anche l'aeroporto internazionale di Lugansk, per motivi non precisati ma verosimilmente legati alla precarietà della sicurezza. La gente scappa non solo per evitare i combattimenti, che spesso fanno vittime tra i civili, ma anche per le difficoltà della vita quotidiana: Sloviansk, la roccaforte dei ribelli assediata dall'esercito di Kiev, ha temuto di restare senz'acqua prima che in serata fosse riparato l'acquedotto danneggiato dagli scontri, ma il pane è razionato e i latticini scarseggiano come i medicinali. Abbondano solo i crimini di guerra: oggi i media ucraini hanno diffuso un video shock sulla fucilazione da parte di miliziani filorussi di due degli otto ufficiali ucraini loro prigionieri nella città di Gorlovka, nella regione di Donetsk.