Ucraina. La “guerra chimica” senza armi chimiche. Raid su stabilimenti tossici
Dalle paludi di Pinsk ai sobborghi di Kiev fino ai villaggi più remoti del Donbass si sta combattendo una guerra chimica senza adoperare armi chimiche. Un vecchio escamotage per sfuggire alla accuse di crimini di guerra, mascherandoli con azioni militari contro infrastrutture strategiche.
A Rubizhne, sulla strada che da Kharkiv conduce alla regione del Lugansk, da diversi giorni il governatore Serhiy Haidai chiede alla cittadinanza di asserragliarsi in casa e con le finestre chiuse. Un attacco russo ha colpito uno stabilimento chimico che produce fertilizzanti. Sono stati fatti saltare in aria i silos contenenti acido nitrico, utilizzato per produrre nitrato di ammonio, ma all’occorrenza adoperato per la produzione di esplosivi come nitroglicerina e trinitrotoluene, il famigerato “Tnt”. La colonna di fumo ha avvolto la zona, dove non è stato possibile distribuire mascherine protettive. Se inalato, l’acido provoca forti problemi respiratori, oltre a gravi ustioni se viene a contatto con la pelle.
Nel frattempo i funzionari ucraini hanno informato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che Kiev ha ripreso il controllo della centrale nucleare di Chernobyl. Al momento però gli specialisti dell’Agenzia non hanno accesso ai dati sulla salute dei soldati russi rimasti a lungo nella “zona d’esclusione”, dove si dovrebbe permanere solo poche ore per non venire esposti al rischio della “Sindrome da radiazioni acute”, una malattia causata dalla prolungata irradiazione dell’intero corpo, con conseguenze per il midollo osseo, il sistema gastrointestinale, il sistema nervoso centrale e quello cardiovascolare. Il livello delle radiazioni a Chernobyl continua ad essere monitorato con una certa preoccupazione. Poco distante, le paludi di Pinsk, al confine tra Bielorussia e Ucraina, per giorni sono state asfissiate dal denso fumo del carburante deliberatamente dato alle fiamme dai militari russi.
Intanto sui cieli dell’Ucraina si vedono sinistre nubi: acido nitrico, idrocarburi, esalazioni da fertilizzanti. Nell’Ucraina nordorientale, a Sumy, le truppe russe non mollano la presa. Da giorni viene segnalata una cospicua perdita di ammoniaca in un impianto chimico dell’azienda “Sumykhimprom”. Il governatore Dmytro Zhyvytskyy non è stato in grado di precisare quali armi siano state utilizzate contro lo stabilimento. L’amministrazione locale ha però dichiarato «pericolosa» tutta l’area entro un raggio di cinque chilometri. A tutti i residenti è stato chiesto di nascondersi negli scantinati o quantomeno nei piani bassi degli edifici. «L’ammoniaca è più leggera dell’aria, quindi rifugi, scantinati e piani inferiori dovrebbero essere utilizzati per proteggersi», ha scritto Zhyvytsky in un avviso rilanciato sui canali Telegram.
Con il sistema sanitario allo stremo, neanche in questo caso è stato possibile mappare le ricadute sulla salute pubblica. Per affrontare i miasmi velenosi viene suggerito di respirare attraverso una benda umida imbevuta con acido acetico o citrico. Ovviamente, a causa del conflitto è pressoché impossibile procurarsi le soluzioni chimiche che dovrebbero contrastare i veleni.
A Kharkiv un gasdotto è stato colpito provocando una violenta esplosione. Secondo le autorità di Kiev si è trattato di un’azione deliberata delle forze di Mosca. Le perdite di gas, che hanno reso la zona potenzialmente esplosiva, hanno reso l’aria irrespirabile spingendo centinaia di persone, molte delle quali avevano scelto di non abbandonare le proprie abitazioni nonostante i bombardamenti, ad unirsi alle colonne di sfollati. A Vasylkiv, circa 40 chilometri a sud da Kiev, le fiamme sono durate giorni. Ogni volta che i vigili del fuoco si avvicinavano all’epicentro dell’incendio l’area veniva bersagliata dall’artiglieria di Mosca, per impedire lo spegnimento delle fiamme.