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Ucraina. I villaggi-caserma dietro le trincee. «Le nostre case per i soldati al fronte»

Giacomo Gambassi, inviato nella regione di Donetsk sabato 11 febbraio 2023

I mezzi militari nei villaggi dell'est del Paese

La casa di Kostyantyn è una villetta modesta che si affaccia sulla via principale del paese, una strada malmessa che il ghiaccio e la melma rendono ancora più accidentata. Due camere, un soggiorno, la cucina. Poi il giardino con una rimessa che fa da garage. Ed è da lì che spunta un cannone, o meglio la cresta del cannone. Compare dietro una rete fogliata sistemata come copertura per riparare da droni e satelliti un carro armato. Kostyantyn non vive più nell’abitazione di famiglia, ma viene di tanto in tanto a sincerarsi che sia ancora intatta. «Siamo sfollati con mia moglie e i due figli. Qui serve lasciare spazio a chi ci difende», racconta mentre esce dalla cancellata. «E mi fa piacere poter dare un tetto ai nostri militari», aggiunge. Non è un’eccezione ciò che accade nella proprietà dell’impiegato pubblico trasferito in una «località più sicura», come lui riferisce. Tutte, o quasi, le case dell’agglomerato sono abitate dai soldati. E anche quelle dell’insediamento successivo. Villaggi che si sono trasformati nelle retrovie dell’esercito ucraino. Villaggi requisiti, verrebbe da dire. Anche se la gente racconta un’altra versione. «È vero che ci è stato chiesto di evacuare ma sappiamo che tutto ciò è utile per la patria», sostiene Ivan, anche lui rifugiato più a valle.

I militari ucraini nei villaggi dell'est del Paese - Ansa

Il fronte è a meno di venti chilometri, in un angolo dell’est dell’Ucraina dove convergono tre regioni: quelle di Donetsk, Lugansk e Kharkiv. Ed è una linea di contatto che da qualche giorno è diventata “calda” dove la battaglia non è più soltanto a colpi d’artiglieria ma anche sul terreno e con il supporto dell’aviazione. Perché, secondo i servizi di sicurezza, è iniziata una nuova offensiva russa verso i territori riconquistati da Kiev quattro o cinque mesi fa. Compresi gli agglomerati-caserma. In base alle regole d’ingaggio, i militari restano dai sette ai dieci giorni in trincea; poi si ritirano in quelle che gli arruolati chiamano le «safest positions», le postazioni più sicure. Abitati persi fra le campagne, per lo più preservate da missili e attacchi. Come anche qualche cittadina che conta su un ospedale destinato a essere il punto di primo soccorso per i feriti in divisa.


Viaggiare fra le retrovie significa immergersi in luoghi fantasma dove è ben chiaro come i combattimenti siano dietro l’angolo ma dove al tempo stesso tutto è anonimo. Un paesaggio dai contorni bellici che parla e non parla. Non parla perché nessuno è autorizzato a dire di quale armata faccia parte, da dove arrivi o dove abbia l’alloggio temporaneo, se sia un professionista o volontario che ha lasciato la famiglia per «opporsi all’invasore», quale sia la sua nazionalità o il compito assegnato. Eppure ogni dettaglio racconta le operazioni di difesa e resistenza. A cominciare dalle strade. Le auto “ordinarie” si contano su una mano. Il resto dei mezzi ha un unico colore: il verde militare. Incluse le utilitarie ridipinte in maniera artigianale con la tintura della guerra. Quasi sempre senza targa; ma tutte con una croce sulle portiere o nei vetri a indicare di essere a servizio dell’esercito. E ai bordi della carreggiata o nelle aiuole sono sistemati depositi, magazzini avanzati, attrezzature necessarie per i rifornimenti, gli sgombri, le riparazioni. Dalle case escono soltanto mimetiche: segno che sono state lasciate ai militari. E le scuole sono riempite di brandine.

I militari ucraini nei villaggi dell'est del Paese - Ansa

«Se servono medicine, noi li portiamo. Se occorre cibo, lo reperiamo», racconta Oleksandr Yalovol, responsabile dell’hub umanitario “Est-Ovest” di Kharkiv, mentre consegna un carico di farmaci e un depuratore per l’acqua nel presidio ospedaliero dove civili e militari convivono nelle stesse corsie. Succede anche nell’intera cittadina che, a differenza dei centri minori, non è unicamente in mano a chi combatte. «I miei vicini di appartamento sono soldati», sorride la signora Ludmilla in coda al negozio di alimentari. Dietro di lei quattro uomini che hanno lasciato la prima linea. Vive in un piccolo condominio. «L’abitazione di fianco alla mia era vuota. I proprietari se ne sono andati da qualche mese ed è stato loro chiesto di poter concedere le stanze ai militari». L’energica anziana riprende fiato. «Se ho paura a restare qui? Non più di tanto». E spiega che rimangono anche diverse famiglie con i bambini. «A loro abbiamo donato i libri», aggiunge Oleksandr.


Eppure preoccupa ciò che accade sul campo. Il fronte più vicino si sta muovendo verso Kupyansk, città devastata dai russi prima di essere liberata a metà settembre e che adesso è tornata nel mirino di Mosca tanto da essere bombardata ogni giorno. Dal territorio occupato di Lugansk dove il Cremlino ha concentrato divisioni e carri armati, i militari di Putin avanzano seppur a piccoli passi. E la direzione è quella di Kharkiv. Non è un caso che nella seconda città del Paese si stiano rincorrendo voci incontrollate di una possibile invasione. È toccato alle autorità locali rassicurare: «La linea del fuoco è a 120 chilometri. Il nemico non è riuscito a impadronirsi della metropoli il 24 febbraio. Il nostro esercito la proteggerà ancora».