Monaco. Ucraina, il G7: puniremo i crimini. E Pechino annuncia iniziativa per la pace
Il presidente del Parlamento ucraino Verkhovna Rada arriva a Monaco
Su una cosa, forse l’unica, sono stati tutti d’accordo a Monaco. La guerra in Ucraina va avanti. Trecentosessanta giorni dopo la tragica invasione, l’Ucraina e la Russia – forse «indebolita» come ha detto Kamala Harris – continuano a combattersi. Fino a quando? Le risposte, a questo, punto divergono. Kiev e gli alleati occidentali puntano a una vittoria netta sul campo di battaglia. Lo stesso vuole Mosca. I margini per una soluzione politica restano stretti. Anche se ora Pechino cerca di ritagliarsi un ruolo da mediatore.
Alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco, oggi, è stata la volta di Washington con la staffetta tra la vicepresidente e il segretario di Stato, Antony Blinken. Entrambi hanno attaccato frontalmente il Cremlino, colpevole di crimini contro l’umanità. «Non ci sono dubbi che li abbia commessi», ha tuonato Harris. «Ne abbiamo le prove», le ha fatto eco Blinken, seguito da una dichiarazione del G7 in cui si ribadisce «l’impegno a chiedere conto ai responsabili, compresi il presidente Putin e leadership russa» della «atrocità perpetrate». La vice di Joe Biden ha pronunciato parole dure nei confronti di Mosca, “cattiva maestra” di disordine globale. Il vero destinatario del j'accuse era, tuttavia, Pechino: «Ci preoccupa il fatto che quest’ultima abbia approfondito le relazioni con la Russia dall’inizio della guerra». Critiche ricambiate dal ministero degli Esteri cinese, Wang Yi, che non ha rinunciato a una frecciata sulla vicens del “pallone spia”.
La reazione di Biden – che ha fatto abbattere l’oggetto, ritenuto un sistema di sorveglianza da parte di Pechino – è stata «isterica» e «assurda», ha detto. Sull’Ucraina, invece, Wang ha anticipato la presentazione di una proposta di pace in cui vengono difesi i principi di integrità territoriale e sovranità. Uno spiraglio colto dall’omologo ucraino Dmitry Kuleba che ha riconosciuto il potenziale «ruolo cinese» nella soluzione della crisi e lo ha incontrato in un bilaterale a margine. Certo, il capo della diplomazia di Kiev ha ribadito la richiesta di armi e, in particolare, caccia. «Alla fine li riceveremo», ha affermato. I leader Ue hanno espresso, individualmente e in un comunicato congiunto, il proprio sostegno incondizionato a Kiev per tutto il tempo necessario. «A costo di smuovere le montagne – ha detto la presidente della Commissione –, dobbiamo raddoppiare il sostegno militare a Kiev». Sulle stesse posizioni il leader britannico, Rishi Sunak. Cosa di per se tutt’altro che semplice. Gli arsenali iniziano a svuotarsi, soprattutto di munizioni.
Per far fronte alla sfida, Von der Leyen ha lanciato l’idea di ripetere il “metodo anti-Covid“. Ovvero di impiegare lo stesso sistema impiegato per i vaccini contro il coronavirus. «È tempo di accelerare la produzione standardizzata di prodotti di cui l’Ucraina ha disperato bisogno, in particolare per le munizioni». A tal fine, la presidente Ue ha proposto di utilizzare come meccanismo di coordinamento il Fondo europeo per la pace:«Possiamo fare come abbiamo fatto con il Covid: abbiamo convocato le industrie e chiesto loro di cosa avevano bisogno per aumentare la produzione e abbiamo stilato con loro i contratti di pre-acquisto per aiutarli a farlo».
L’ipotesi trova il consenso dei Ventisette. A cominciare dalla Finlandia, tra le più accese sostenitrici dell’incremento della quota di Pil destinato alla difesa, come ha affermato la premier, Sanna Marin. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, nel frattempo, ha ribadito la posizione italiana di sostegno a Kiev, per «arrivare alla pace ma non con una resa». Quella che comincia domani è una settimana importante nell’evoluzione della crisi. Biden atterrerà a Varsavia martedì e, da lì, invierà un messaggio a Putin lo stesso giorno in cui quest’ultimo parlerà a Mosca. Poi il presidente Usa proseguirà per Bucarest per incontrare i leader dei membri Nato dell’Europa orientale e avrà conversazioni telefoniche con i rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Italia.