Ucraina. Le macchine fotografiche ai ragazzi. Perché non si veda solo la guerra
Alcuni partecipanti al progetto hanno appena ricevuto le macchine fotografiche usa e getta
Un obiettivo preciso in mente: catturare e moltiplicare l’energia sprigionata da ragazzini ancora pieni di vitalità, malgrado il tempo passato sotto occupazione russa. Solo due le regole da seguire: esprimere liberamente la propria creatività e, almeno per una volta, non dare retta a ciò che dicono gli adulti.
Questa storia comincia nell’aprile del 2022. Artem Skorokhodko e il suo amico Dmytro Zubkov, entrambi sotto i 30 anni, fanno la spola tra Kiev e alcuni villaggi della regione di Chernihiv, da pochi giorni riconquistati dall’esercito ucraino dopo l’occupazione di Mosca. Ogni settimana portano aiuti dalla capitale. «Durante le consegne passavamo un po’ di tempo con i bambini dell’insediamento di Lukashivka, uno dei pochi dove vivessero ancora minori. Negli altri erano stati evacuati e c’erano soprattutto anziani» racconta al telefono Artem. «Vivaci, vitali, fiduciosi nel futuro, facevano quello che fanno di solito i bambini, giocavano, pur sullo sfondo di un villaggio distrutto, un’immagine devastante per quello che i russi hanno fatto in quel luogo. All’epoca l’umore generalizzato nel Paese era pessimo e io avrei tanto voluto trasferire la loro energia a chi altrove ne aveva un disperato bisogno».
Una delle foto scattate lo scorso dicembre da Anya, 13 anni, regione di Kherson - “Behind Blue Eyes Project”
È in queste circostanze che ad Artem e a Dmytro viene un’idea, è così che nasce il loro “Behind Blue Eyes Project”, il progetto fotografico “Dietro gli occhi blu”. Le prime dieci macchine fotografiche usa e getta arrivano a Lukashivka mescolate a un carico di giocattoli dati in dono. «Nessuno doveva sentirsi obbligato a usarle, volevamo che per i bambini fotografare fosse una scelta e solo a chi era davvero interessato abbiamo spiegato come usarle» specifica Artem. «Abbiamo chiesto di ritrarre liberamente quello che per loro fosse importante, e di farlo senza ascoltare gli adulti». Poche settimane dopo, i primi rullini sono già in stampa. «Abbiamo visto le foto. Erano potenti, espressive, diverse da qualunque cosa avessi visto fino ad allora. Ho capito all’istante che l’idea poteva essere replicata in altri territori colpiti dalla guerra».
Un’immagine scattata lo scorso gennaio da Matviy, 11 anni, della regione di Kherson - “Behind Blue Eyes Project”
Da allora, la campagna fotografica del “Behind Blue Eyes Project” ha coinvolto circa 100 ragazzini in 17 villaggi delle regioni di Chernihiv, Kherson, Mykolaiv, Zaporizhzhia e Donetsk. Da ottobre il progetto è sostenuto da UsAid, l’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale, che ha permesso al team, che ora conta dieci persone, di strutturarsi in una vera organizzazione con base a Kiev.
Un’immagine scattata lo scorso gennaio da Matviy, 11 anni, della regione di Kherson - “Behind Blue Eyes Project”
A marzo, una nuova missione in villaggi tra Sumi e Kharkiv ha interessato altri venti bambini. «Nei loro scatti, i ragazzi tendono a concentrarsi su ciò che amano e che suscita sentimenti positivi, invece che emozioni negative. Molti rullini sono pieni di foto di animali, fiori, tramonti, in ogni pellicola c’è almeno un’immagine del cielo. Se avessimo affidato le macchine fotografiche agli adulti, si sarebbero concentrati forse solo sulle rovine dei villaggi, come avremmo fatto noi. I ragazzini invece no. Eppure, dialogando con i più piccoli, malgrado non rivolgiamo mai domande dirette su quello che stanno passando, non c’è stato nessuno che, a parole, non abbia fatto riferimento al conflitto. Il trauma è profondamente radicato dentro di loro» riflette Artem. Le foto sono condivise online su Telegram e Instagram, consultabili da chi voglia guardare il mondo, anche quello della guerra, con gli occhi di un bambino.
Uno scatto di Yehor, 10 anni, originario del Donetsk (agosto 2023) - “Behind Blue Eyes Project”
Ma il “Behind Blue Eyes Project” non finisce lì. A ciascuno dei partecipanti viene chiesto di compilare una lista di desideri da esaudire. Biciclette, macchinine telecomandate, piccoli animali domestici, dal team del progetto sono state consegnate decine di regali. «La maggior parte delle richieste ha riguardato oggetti fisici, ma non solo. Il desiderio più singolare è stato quello espresso da Julia, una ragazzina affetta da disabilità. Nella lista ha scritto che desiderava ballare, sognava una discoteca e persone che ci andassero con lei. Ci siamo detti che se voleva un disco party, allora bisognava organizzarlo». La sua scuola ha fornito uno spazio, il team ha comprato microfoni e altoparlanti, una macchina per pop corn, persino una sfera stroboscopica, e ha invitato gli altri ragazzini del progetto. Per Julia è stato acquistato un vestito da sera, e si è provveduto al make up. «Ha ballato dal primo all’ultimo brano, non si è mai fermata, è stato davvero toccante, per lei sarà un ricordo che durerà a lungo, se non per sempre. Perché i regali materiali vanno bene, ma le memorie che si generano quando ricevi ciò che sognavi sono ancora più importanti, sono risorse a cui attingere per andare avanti, portano energia. Noi contribuiamo a creare questi ricordi, è ciò che facciamo e che vogliamo continuare a fare».
Un’immagine scattata lo scorso gennaio da Matviy, 11 anni, della regione di Kherson - “Behind Blue Eyes Project”