La crisi. Gli Usa: forse truppe nei Paesi baltici
Si stringe sempre di più la morsa della Russia sulla Crimea, dopo che il presidente Vladimir Putin ha dato il via libera all'annessione. E, in risposta, gli Stati Uniti potrebbero inviare delle truppe nei Paesi baltici per rassicurare le ex repubbliche sovietiche, preoccupate dall'annessione della Crimea
alla Russia. Lo ha dichiarato il vicepresidente americano Joe
Biden a Vilnius in una conferenza stampa con la presidente
lituana Dalia Gribauskaite e l'omologo lettone, Andris Berzins.
«Stiamo studiando una serie di
misure supplementari per accrescere il ritmo e la portata della
nostra cooperazione militare, tra cui una rotazione delle forze
americane nella regione del Baltico per esercitazioni terrestri
e navali e per delle missioni di addestramento», ha detto Biden.
Al momento gli Stati Uniti non hanno alcuna base militare nei
paesi baltici. Nell'area ci sono solo sei aerei statunitensi,
nell'ambito di una missione Nato.
Intanto i soldati russi hanno occupato «con la
forza» un'altra base militare ucraina a Ievpatoria, nella Crimea
occidentale. Lo fa sapere il portavoce del ministero della
Difesa di Kiev citato dall'agenzia Unian aggiungendo che 200
militari russi e 5 mezzi blindati si trovano su una pista
d'atterraggio di un'altra base aerea, sempre a Ievpatoria.
Le forze filo-russe attive nella penisola tra stanotte e stamani hanno assaltato almeno altre due delle basi militari rimaste sotto controllo ucraino, tra cui il quartier generale della Marina Militare di Kiev, a Sebastopoli, che è stata occupata da manifestanti appoggiati dai cosacchi.
Lo stesso capo di stato maggiore della Marina, contrammiraglio Serhiy Haiduk, è stato arrestato dopo aver negoziato l'abbandono della struttura con il capo della Flotta russa del Mar Nero, vice ammiraglio Alexander Vitko: a prendere Haiduk in consegna, seppure "temporaneamente" e per "interrogarlo", sarebbero stati funzionari della Procura di Sebastopoli. La sua cattura è stata però rivendicata dalle locali milizie di auto-difesa, e attribuita anche ad agenti dell'Fsb, i servizi segreti di Mosca.
Il presidente ucraino Oleksandr Turcinov ha reagito duramente all'arresto di Haiduk e nel tardo pomeriggio ha dato tre ore di tempo alle autorità separatiste
della Crimea per liberare il comandante della Marina militare ucraina, catturato dai filorussi con, pare, l'aiuto dei servizi russi, minacciando altrimenti
«misure adeguate». Lo riporta l'agenzia Interfax. Attaccata anche un'altra base navale ucraina a Novoozerne, più a nord, dove si rischierebbe un confronto armato. L'ulteriore aggravamento della situazione ha indotto le autorità di Kiev a inviare "d'urgenza" in Crimea il vice premier Vitaliy Yarema e il ministro della Difesa, Ihor Tenyukh: il loro mandato è quello di "garantire che il conflitto non assuma un carattere militare". Il primo ministro secessionista della Crimea, Serhiy Aksyonov, ha avvertito però che non sarà loro permesso entrare sul territorio della penisola, e che saranno senz'altro rimandati indietro.
Intanto l'Ucraina sta preparando un piano per far evacuare dalla Crimea i propri militari e le loro famiglie. Lo ha annunciato il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza Andrii Parubii, citato dai media locali.Nel frattempo proseguono le ritorsioni incrociate tra Russia e Occidente: il ministero degli Esteri russo ha addossato ai leader dei 28 Paesi Ue la responsabilità della decisione del presidente del Consiglio Europeo, Herman van Rompuy, di annullare la prevista visita di oggi a Mosca, che pure era stato lui stesso a richiedere per incontrare Putin.Bruxelles ha replicato che la missione non era stata confermata.Il premier britannico, David Cameron, dal canto suo ha caldeggiato un'esclusione permanente dal G8 della Russia, che già ne è stata sospesa, mentre il vicepresidente americano Joe Biden ha avvertito che gli Stati Uniti "risponderanno a qualsiasi aggressione" contro altri Paesi della Nato. Barack Obama vuole inoltre che il vertice alleato di settembre in Galles, ha aggiunto Biden, sia dedicato alla difesa collettiva prevista dall'articolo 5 del Patto Atlantico, in caso di attacco armato esterno contro uno degli Stati membri.