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Reportage. Bombe e incursioni russe a Chernihiv, il corridoio per colpire Kiev

Giacomo Gambassi, inviato a Chernihiv sabato 20 luglio 2024

Un bombardamento russo nella città di Chernihiv

«È la terza volta che le nostre case vengono bombardate in poche settimane. Ma che male abbiamo fatto?». Svitlana Yurina si muove fra i detriti accumulati nel suo giardino. La villetta in cui vive è rimasta intatta. Ma lei non si dà pace. Guarda oltre il cancello le due abitazioni devastate dalle fiamme dopo essere state investite dall’esplosione che ha provocato l’ennesimo missile piombato sul villaggio. L’unica colpa che ha l’agglomerato di Polissya, una manciata di case intorno a un’unica strada, è quello di trovarsi a dieci chilometri dal confine con la Russia. Il confine della regione di Chernihiv che all’inizio della guerra le truppe di Putin hanno attraversato per dirigersi verso Kiev e tentare di circondarla. Era una delle due direttrici studiate dal Cremlino per stringere d’assedio la metropoli: l’altra era quella che cominciava dalla Bielorussia, Paese che insieme alla Russia tocca parte dell’oblast di Chernihiv.

La distruzione dopo un attacco russo in un villaggio lungo il confine della regione di Chernihiv - Ansa

Dopo due anni e mezzo, la regione limitrofa a quella della maggiore città dell’Ucraina corre di nuovo il rischio di essere un “anello debole” per la difesa ucraina. Attaccata senza sosta dalla regione russa di Bryansk. Usata nei suoi cieli come “corridoio” preferenziale per far arrivare missili e droni su Kiev (ad esempio, quelli intercettati ieri). E osservata speciale dai palazzi del potere per il progetto putiniano, mai tramontato, di tornare a lanciare una nuova offensiva via terra sulla capitale. Come era accaduto nelle prime settimane del conflitto.

Un bombardamento russo nella città di Chernihiv - Ansa

È stato il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, ad annunciare che la Russia sta preparando «un attacco dal nord del Paese senza, però, attendersi alcuna catastrofe». E parlare di Ucraina settentrionale significare fare riferimento alla regione di Chernihiv. «Per ora non vediamo cambiamenti drastici, anche se la situazione rimane tesa - spiega il portavoce del comando operativo “Nord”, Vadym Mysnyk -. Il nemico bombarda le aree popolate, sia a ridosso della frontiera, sia in profondità. Quando lo fa, impiega per lo più artiglieria, droni e talvolta aerei da guerra o elicotteri». I dispacci ufficiali raccontano di almeno trentacinque attacchi nelle ultime ventiquattro ore. «Così i russi mantengono sotto pressione l’intera area e disturbano i nostri soldati che presidiano il confine», aggiunge Mysnyk. «Di notte volano i droni: sono quelli di ricognizione. E la mattina ecco i bombardamenti», riferisce Tetyana Ivanytska, anche lei residente a Polissya.

Una guardia di frontiera lungo il confine della regione di Chernihiv - Ansa

Poi ci sono le azioni russe con i gruppi di sabotaggio e ricognizione. Vale a dire per studiare il terreno in vista di possibili blitz. «Però i nostri uomini lavorano per individuare tutti i tentativi di penetrazione», avverte Mysnyk. Una tensione simile a quella che si vive nella vicina regione di Sumy, anch’essa lungo il confine russo e sotto il fuoco continuo di Mosca: la scorsa notte i soldati russi hanno tentano di sfondare la frontiera; e l’ipotesi è che Sumy diventi la testa di ponte per avanzare verso Kharkiv.

Un bombardamento russo nella città di Chernihiv - Ansa

Nella città di Chernihiv, sull’ultima punta della pianura del fiume Dnepr, il numero degli abitanti è tornato a essere quello precedente alla grande aggressione: 270mila. Nulla a che vedere con il “periodo nero” dell’occupazione da parte dei battaglioni di Putin, fra il febbraio e l’aprile 2022, e del post-liberazione quando i residenti erano crollati a 70mila. «Non abbiamo paura che i russi tornino, non abbiamo più paura di nulla», afferma la giornalista Vira Kuryko. Parole per esorcizzare un incubo riassunto anche dalle sirene che continuano a suonare intorno alla cattedrale ortodossa del Santissimo Salvatore. Una chiesa che con le sue cupole dorate e i tetti verdi è fra i simboli della città. Ancora sono visibili i segni del bombardamento ai condomini dello scorso aprile che aveva fatto 18 morti e oltre 70 feriti. Un cratere al posto della facciata centrata dal missile dice l’incertezza di una città nel mirino.

La costruzioni delle fortificazioni difensive - Telegram

Ma bisogna uscire dal capoluogo per rendersi conto che siamo in una zona da “allarme rosso”, neppure distante dalla centrale nucleare di Chernobyl esplosa nel 1986. È fra le foreste che

si stanno potenziando le fortificazioni a ridosso di Russia e Bielorussia volute dal governo nazionale: serpentoni di trincee, denti di drago in cemento per fermare i mezzi militari, mine come “sistema” anti-fanteria.

Cinquantacinque quelle che dovranno nascere per disposizione dello Stato. E altre ventisette sono state volute intorno a Chernihiv dal Consiglio comunale della capitale nell’ambito del programma “Difendere Kiev”: la gara d’appalto è stata appena indetta ma i lavori si concluderanno nel 2025. Tempi lunghi. Allora il portavoce del comando operativo rassicura: «Non ci sarà nessun assalto improvviso e rapido come nel 2022. Il confine è ben protetto. Ci sono già potenti elementi di interdizione. E siamo pronti a bloccare le strade attraverso le quali il nemico può avanzare».