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Ucraina. Dalla Caritas a Sant'Egidio, «così soccorriamo le famiglie bombardate»

Giacomo Gambassi venerdì 6 settembre 2024

I volontari di Sant'Egidio fra i soccorritori dei palazzi devastati dai due missili russi piombati su Leopoli

«Gli attacchi russi stanno aumentando e la guerra si fa sempre più intensa». Viviana Calmasini è una delle operatrici di Caritas italiana in Ucraina. Fa parte del team formato da quattro colleghi arrivati dalla Penisola. Il gruppo di lavoro ha toccato con mano l’escalation del conflitto che Vladimir Putin ha imposto all’indomani dell’assalto ucraino alla regione russa di Kursk. Mercoledì Mosca è tornata a colpire il cuore di Leopoli, la città a settanta chilometri dal confine con la Polonia. E uno dei due missili che ha devastato il centro «è piombato su un edificio a 50 metri da quello dove viviamo noi», racconta Viviana. A salvare il team italiano è stato un bunker. Quello del condominio in cui «ci siamo rifugiati dopo l’allarme che ci ha svegliato alle quattro del mattino». Anche se le sirene suonano spesso in città, la distanza dalla Russia e la contraerea l’hanno protetta: almeno nell’ultimo anno. «Ad essere bombardate erano state soprattutto le infrastrutture energetiche della regione», aggiunge la 32enne trevigiana che da sei mesi si trova nel Paese aggredito. Fino a due giorni fa quando i due ordigni sono caduti intorno alla stazione ferroviaria facendo sette morti e decine di feriti. «Abbiamo sentito un botto fortissimo». La terra ha tremato. «Ed è stato uno choc. Quando siamo usciti, abbiamo visto la palazzina residenziale distrutta vicino alla nostra. Le abitazioni erano invase dal fuoco; le auto in fiamme».

Il team di Caritas Italiana in Ucraina che si trova a Leopoli - Caritas Italiana

Ora in città è tornata la paura. Cinquanta gli edifici danneggiati. Quelli di fronte a cui si sono subito presentati i volontari della Comunità di Sant’Egidio. «Per tendere la mano alle famiglie che avevano perso tutto; per supportare i soccorritori; per consegnare i primi aiuti a chi non aveva più nulla», spiega il responsabile ucraino di Sant’Egidio, Yura Lifanse. L’hub principale è proprio a Leopoli. E una delle “regole” che il gruppo si è dato è di intervenire immediatamente nei luoghi degli attacchi. «Sentiamo il bisogno di condividere il dolore della gente. Perché la Comunità è formata anche da sfollati o da quanti non hanno più la casa. Talvolta serve una parola di speranza in mezzo al lutto, alla distruzione, al dolore. Spesso occorre il sostegno materiale che si fa sempre più necessario con il passare del tempo». Molti dei nuclei familiari “investiti” dalle esplosioni si sono già messi in lista per ricevere i pacchi-viveri della Comunità fondata da Andrea Riccardi.

La visita dei volontari di Sant'Egidio nella scuola distrutta da uno dei due missili russi caduti su Leopoli - Sant'Egidio

Fra i luoghi visitati da Sant’Egidio anche una scuola che i missili hanno reso inagibile. «Il plesso aveva riaperto il primo settembre, data di inizio delle lezioni, dopo due anni e mezzo di guerra - afferma Lifanse -. Ma ha visto gli studenti per appena due giorni. Come la maestra di prima elementare di cui abbiamo raccolto lo sfogo. Piangeva pensando ai suoi alunni che aveva appena conosciuto e che ora potrà seguire solo online». Uno degli stabili sventrati è stato il monastero delle suore francescane della Famiglia di Maria. «Grazie a Dio le religiose si sono nascoste nel bagno e nessuna è rimasta ferita - ha comunicato l’arcivescovo latino Mieczyslaw Mokrzycki -. Chiediamo a tutti di unirsi nella preghiera perché Dio può cambiare la nostra storia in ogni momento».

La visita dell'arcivescovo Mieczyslaw Mokrzycki nel monastero delle suore francescane della Famiglia di Maria devastato da un missile russo - www.rkc.lviv.ua

È un impegno di coraggio quello che mostra il volto solidale del mondo cattolico sotto le bombe. E di attenzione alle nuove emergenze che si presentano. Soprattutto da quando, nelle ultime settimane, l’offensiva russa si è moltiplicata come “vendetta” per l’irruzione ucraina nel territorio russo: con i massicci raid dal cielo nell’intero Paese e le avanzate dell’esercito di Mosca nell’Ucraina orientale. Ieri Putin ha annunciato la controffensiva targata Cremlino per liberare l’oblast di Kursk. «È sacrosanto dovere delle nostre forze armate fare di tutto per cacciare il nemico e proteggere i cittadini», ha detto durante il Forum economico di Vladivostok. E ha aggiunto che l’obiettivo di Kiev, con l’operazione nella regione russa, «era di innervosirci per farci trasferire le truppe da una zona all’altra e fermare la nostra offensiva nelle zone cruciali, in particolare nel Donbass, la cui liberazione è il nostro obiettivo numero uno. Ma hanno fallito in tutto».

I volontari di Sant'Egidio fra i palazzi devastati dai due missili russi piombati su Leopoli - Sant'Egidio

«Sarà un inverno molto difficile», sostiene il responsabile di Sant’Egidio. I blitz russi contro la rete elettrica in tutta l’Ucraina rischiano di lasciare al buio e al gelo la nazione nei mesi più duri. «Non solo c’è urgenza di alimenti e generi di prima necessità per chi ha dovuto abbandonare tutto - aggiunge Yura Lifanse - ma già ci stiamo concentrando su quanto può sopperire alla mancanza di elettricità. Batterie, lampade a pile, stufe, legna saranno presto pronte per essere distribuite». E l’Ucraina centro-occidentale si prepara a far fronte anche a nuove ondate di profughi. Come quelli che a migliaia stanno fuggendo dall’est del Paese su cui si accanisce il Cremlino: dalla regione di Donetsk dove i soldati di Putin strappano villaggi e terre, all’oblast di Kharkiv, stretta fra missili e battaglioni di Putin, passando per la regione di Sumy finita nel mirino dopo aver fatto da testa di ponte per l’attacco a Kursk. «Su indicazione di Caritas-Spes e di Caritas Ucraina, la prima espressione della Chiesa cattolica di rito latino, la seconda della Chiesa greco-cattolica, siamo disponibili a progetti per l’accoglienza degli evacuati che giungeranno dalle aree lungo la linea di combattimento», dice Viviana. Un esodo che si aggiunge a un’inflazione ormai fuori controllo. «Negli ultimi sei mesi, ad esempio, il costo di alcuni medicinali è triplicato». Caritas Italiana è in Ucraina dai primi mesi di guerra e si occupa di assistenza sanitaria e psicologica, distribuzione di viveri, kit igienici e farmaci per i profughi e la popolazione locale.