«Questa sera abbiamo vinto tutti». Ha esordito così domenica il premier Erdogan nel discorso di commento al suo ennesimo trionfo. Il referendum costituzionale proposto dal suo Partito islamico-moderato per la giustizia e lo sviluppo (Akp), ha conquistato ben il 58% dei consensi, staccando un’opposizione sempre più debole e incerta, ferma al 42%. L’affluenza alle urne è stata del 77%, leggermente inferiore rispetto alle attese, ma comunque molto sostenuta.Il 12 settembre 2010 la Turchia ha scelto una Costituzione più democratica e in linea con l’Unione Europea, cancellando il 12 settembre di trent’anni prima, quando i carri armati dell’esercito fecero il loro ingresso nelle città per prendere il potere. Per compiere questa scelta si sono fidati delle proposte di un leader dal passato islamico, che però in questi anni ha saputo, almeno all’apparenza, dare vita a un’alternativa più democratica e filo-europea di quella presentata dai partiti laici dell’opposizione. Secondo la maggioranza, adesso il popolo turco ha una Costituzione più democratica e in linea con le aspettative di Bruxelles. Per l’opposizione, il rischio che Erdogan indebolisca militari e magistratura prendendo il controllo pressoché totale del Paese è quanto mai alto. Ieri il premier non ha parlato, si è ritirato nel suo quartier generale di Ankara per meditare le mosse future. In compenso lo hanno fatto tutti gli altri. Persino i partiti dell’opposizione hanno preso atto del risultato, assicurando che rispetteranno il volere del popolo sovrano. Da tutto il mondo sono arrivati plausi e apprezzamenti. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha lodato la massiccia partecipazione al voto, segno di una «democrazia vitale». Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha parlato di «grande risultato che di fatto avvicina il Paese all’Europa». E anche il Vecchio continente non ha mancato di fare sentire la sua voce. Il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos ha parlato di «un chiaro segnale della vocazione europea» della Turchia. «Il voto apre la porta dell’Europa, anche se ci vorrà del tempo per attraversarla», gli fa eco l’omologo svedese Carl Bildt, sostenendo che Ankara «prepara ormai il terreno a un’evoluzione più aperta e democratica del Paese». Persino un Paese notoriamente contrario all’ingresso a pieno titolo del Paese della Mezzaluna nel club di Bruxelles come la Germania ha espresso un parere favorevole. «Apprezzo il successo del referendum. La riforma della Costituzione è un altro importante passo della Turchia verso l’Europa. Sono fiducioso che il processo di riforme in Turchia verso un’ulteriore apertura della società andrà avanti», ha detto il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle.Recep Tayyip Erdogan – che ha ricevuto ieri anche una telefonata di congratulazioni da Silvio Berlusconi – si gode il suo trionfo, prima che i problemi quotidiani, soprattutto il nodo Cipro e la questione curda, tornino a galla con decisione. Quel che è certo è che la vittoria di domenica è stata soprattutto una vittoria sua. Con quel 58% ha messo a tacere non solo l’opposizione, i militari e la magistratura, ma anche chi all’interno del suo Akp pensava che il suo tempo fosse finito. Il premier è ancora in sella e se alle prossime elezioni replicherà il successo del 2002 e del 2007, governando da solo il Paese, potrebbe anche decidere di fare quello che desidera da tempo: puntare dritto alla presidenza della Repubblica.