Voto. La Tunisia approva la nuova Costituzione. Pochi alle urne e sale la protesta
La Tunisia al voto per la nuova costituzione. Alle urne solo il 30% degli aventi diritto
L’approvazione della nuova Costituzione tunisina voluta dal presidente Kais Saied ora è ufficiale. I risultati preliminari hanno dato una schiacciante maggioranza di favorevoli, pari al 94,6 per cento dei voti espressi al referendum di lunedì. Il presidente dell’Autorità superiore indipendente per le elezioni (Isie), Farouk Bouasker, ha fatto sapere martedì notte, al termine di una lunga operazione di spoglio, che il tasso di partecipazione alla consultazione – dato inizialmente al 27,54 – è salito al 30,5 per cento degli iscritti. In altre parole, meno di un tunisino su tre (2 milioni 756mila elettori su circa 9 milioni 200mila aventi diritto) si sarebbe espresso sulla Carta che attribuisce ampi poteri al presidente della Repubblica.
Kais Saied si era concesso già lunedì sera un bagno di folla nel centro di Tunisi tra i suoi simpatizzanti, dal momento che nessun quorum era previsto per far passare il “suo” referendum. Forte di un astensionismo che considera il risultato del suo appello al boicottaggio (in verità era complice il caldo e la stagione di vacanze), l’opposizione è sul piede di guerra contro «l’autoritarismo rampante».
Il Fronte di Salvezza Nazionale ha accusato l’Isie di «falsificare» le cifre «irrealistiche» della partecipazione, definendo i risultati «un fiasco» e l’intero processo di voto «una recita». Il Fronte, formato da 10 tra partiti e associazioni tra cui il partito islamico Ennahda, ha detto di riconoscere unicamente «la Costituzione del 2014, votata da quattro milioni di tunisini», chiedendo le dimissioni di Saied e l’organizzazione di elezioni presidenziali e legislative anticipate.
Saied ha difeso il voto emerso dalla urne, definendolo «espressione della volontà della maggioranza» e respingendo le critiche sullo scarso tasso di affluenza. «Chi ha scelto di boicottare – ha detto il presidente – ha fatto una scelta libertà, ma avrebbe potuto partecipare e votare no».
Saied ha anche parlato di una «nuova fase» per la Tunisia e annunciato già una legge elettorale che modificherà il «formato delle vecchie elezioni». Ora, ha aggiunto Saied, «non possiamo più tornare indietro e non possiamo in alcun modo fare a meno dei diritti delle donne o rinunciare al diritto all’istruzione e alla salute». Di sicuro, la strada di Saied sarà irta di ostacoli, interni ed esterni.
Le prime reazioni internazionali non sono, infatti, incoraggianti. Martedì, gli Stati Uniti hanno espresso la loro apprensione circa il futuro dei diritti e delle libertà in Tunisia all’ombra del nuovo regime iper-presidenziale. «La nuova Costituzione – ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price – include dei meccanismi che potrebbero compromettere la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali».
Sul fronte interno, la mobilitazione dei sindacati – tradizionalmente forti nel Paese nordafricano – rappresenta un’altra sfida da non trascurare alle ambizioni di Saied. L’Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt), il sindacato principale del Paese, si prepara alla grande posta in gioco: le pressioni del Fondo monetario internazionale, con tutte le attese del mondo del lavoro.
Un’altra spina nel fianco di Saied è la posizione della stampa tunisina. «Abbiamo denunciato il progetto (del referendum costituzionale, ndr) non appena ne siamo venuti a conoscenza», ha detto Fares Jami, responsabile presso il Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini. «Riteniamo – ha aggiunto – che i poteri esorbitanti che il capo dello Stato si attribuisce aprano la porta a minacce contro la libertà di espressione».