Colpo di scena nelle presidenziali
americane:
il senatore ultra conservatore del Texas Ted Cruz, il
beniamino del Tea Party che si proponeva come l'unica
alternativa a Donald Trump,
ha annunciato il ritiro dalla corsa
dopo essere stato sconfitto pesantemente nelle primarie dell'Indiana da tycoon newyorchese: 52,8% a 36,9% con il 75% delle
schede scrutinate. Donald Trump si vede ora la strada spianata per
la nomination in una gara a due con
il governatore moderato
dell'Ohio John Kasich, che
ha deciso di continuare a correre
nonostante un risultato imbarazzante (7,7%).
Piccola sorpresa anche
in campo democratico, dove Bernie
Sanders smentisce i sondaggi imponendosi alla fine di un lungo
testa a testa dopo un iniziale vantaggio di Hillary Clinton:
53,2% a 46,8%.
Ma i riflettori ora sono tutti sul ritiro di Cruz. "Sembra
che la strada (per la vittoria, ndr) si sia chiusa. Abbiamo dato
tutto quello che avevamo, ma gli elettori hanno scelto un'altra
strada e quindi con il cuore pesante ma con sconfinato ottimismo
per il futuro a lungo termine della nostra nazione, sospendiamo
la nostra campagna", ha annunciato Cruz ai suoi elettori da un
palco di Indianapolis, insieme a tutta la sua famiglia e a Carly
Fiorina che solo pochi giorni fa aveva indicato prematuramente
come suo eventuale futuro vicepresidente giocandosi l'ultima
carta a disposizione, quella femminile. Nessun accenno al
frontrunner, dopo il duro scambio di accuse nel giorno del voto,
solo l'impegno a continuare la sua battaglia per la libertà e
la costituzione. La sua è una sconfitta che brucia, perchè
aveva scommesso tutto sull'Indiana indicandolo apocalitticamente
come un bivio cruciale per evitare che il Paese "precipiti
nell'abisso". E qui, in questo Stato del Midwest, poteva contare
sull'endorsement del governatore locale Mike Pence, sullo
zoccolo duro degli evangelici e sul campo libero lasciatogli da
Kasich in una inedita alleanza contro il tycoon. Invece
Trump è
stato il solito ciclone, mettendo a segno una vittoria
schiacciante, la settima consecutiva: ha conquistato oltre il
50% dei voti, a conferma che ormai è la scelta della
maggioranza dell'elettorato repubblicano, come suggeriscono
recenti sondaggi, e ha incassato quasi tutti i 57 delegati in
palio, attribuiti con la formula del 'winner-take-all' (chi
vince piglia tutto). Difficile ora che Kasich nelle prossime
primarie gli impedisca di arrivare al numero magico di 1237
delegati. Soprattutto dopo che ieri sera anche il presidente della
commissione nazionale del partito repubblicano Reince Priebus,
pur avendo litigato con Trump sul sistema di assegnazione dei
delegati, lo ha riconosciuto come il "presunto" candidato Gop
lanciando via Twitter l'appello ad "unire il partito e
concentrarci a sconfiggere Hillary Clinton". Appello subito
raccolto dal re del mattone, dopo aver concesso l'onore delle
armi al "forte rivale" Cruz per la sua decisione "coraggiosa".
"Molto presto saremo nuovamente molto orgogliosi di questo
Paese", ha promesso.
Sul fronte democratico, Sanders coglie un successo importante
sul piano dell'immagine, che premia la sua tenacia nel battersi
sino all'"ultimo voto" e che rivela un elettorato ancora
spaccato a metà. Ma la vittoria non scalfisce il vantaggio
incolmabile dell'ex first lady in termini di delegati,
dato che anche gli 83 messi in palio dall'Indiana andranno
divisi più o meno a metà in modo proporzionale.