Usa. Trump rialza i muri. Messicano espulso si getta dal ponte alla frontiera
Un migrante messicano si è suicidato lanciandosi da un ponte alla frontiera tra gli Stati Uniti e Tijuana mentre lo stavano rimpatriando insieme con altri immigrati illegali. Guadalupe Olivas, 45 anni di Sinaloa, era già stato espulso in altre due occasioni. Dopo essersi lanciato dal cavalcavia di circa 10 metri di altezza, è deceduto in ospedale. Aveva con sé una piccola borsa e il cibo che le pattuglie statunitensi consegnano ai migranti espulsi. Olivas era stato fermato lunedì a San Diego.
Prima che si avesse notizia della tragedia, Trump aveva esultato twittando i risultati di un sondaggio che danno l'opinione pubblica americana schierata con lui sull'immigrazione. Stando al sondaggio, realizzato da Harvard-Harris e pubblicato dal sito The Hill, il 77% degli americani è favorevole a una riforma delle regole sull'immigrazione. Inferiore è il consenso alla costruzione del muro con il Messico: il 53% degli intervistati si dice contrario. Identica percentuale appoggia invece il Travel Ban (o Muslim Ban) che, prima di essere bloccato dai giudici, sospendeva l'ingresso dei cittadini di sette Paesi Medio orientali e dell'Africa orientale.
Un nuovo atto dell’Amministrazione Trump mette a rischio di espulsione milioni di immigrati negli Stati Uniti – potenzialmente la maggior parte degli 11 milioni stranieri che vivono negli Usa senza documenti di soggiorno. Implementando un recente decreto del nuovo presidente, il dipartimento per la Sicurezza interna ieri ha reso note nuove linee guida per le espulsioni. Di fatto i funzionari delle dogane e la polizia di frontiera hanno ora l’ordine di espellere immediatamente i migranti irregolari che si sono resi colpevoli di qualsiasi reato, anche minore. Sono comprese le violazioni del codice della strada o (con una definizione vaga e aperta ad ampie interpretazioni) ogni «abuso di qualsiasi programma che comporta l’erogazione di benefici pubblici». Durante l’amministrazione Obama, che pure ha espulso decine di migliaia di persone, la priorità era assegnata agli immigrati colpevoli di gravi reati. Non solo. Nuovi poteri concessi da ieri alla polizia di frontiera ampliano ulteriormente la categoria a rischio.
Se infatti finora era prevista l’espulsione immediata, anche in assenza di crimini, solo per gli immigrati che venivano fermati in un raggio di 100 miglia dal confine o che si trovavano negli Usa da non più di 14 giorni, la nuova misura permette agli agenti di espellere chiunque abbia vissuto irregolarmente in qualsiasi parte degli Usa fino a due anni, anche se non è mai stato arrestato. Le direttive, firmate dal ministro alla Homeland security John Kelly, in teoria non vanificano il programma di Barack Obama che protegge i «dreamer», i 750mila giovani immigrati negli Usa da bambini. Ma anche loro sono candidati per il rimpatrio se commettono un reato o se il governo federale li giudica, in qualsiasi momento, una minaccia per la sicurezza. Le nuove regole prevedono anche che i migranti arrivati negli Usa dal confine messicano vengano inviati immediatamente in Messico, anche se originari di un altro Paese. Resta da vedere se il Messico accetterà questo afflusso di stranieri.
I funzionari della Homeland security hanno spiegato ieri che il Dipartimento intende far «rispettare in modo aggressivo la promessa di Trump di applicare le leggi sull’immigrazione nel modo più severo possibile». A questo scopo, verranno assunti 10mila agenti dell’immigrazione e 5mila agenti del Border Patrol, aperti nuovi centri di detenzione e creato un ufficio per aiutare le famiglie di persone «uccise dagli immigrati irregolari». Le linee guida costringono, in modo controverso, anche le forze dell’ordine locali ad aiutare quelle federali nei rimpatri, di fatto trasformandole in agenti dell’immigrazione. Si prevede inoltre il taglio dei fondi federali a tutte le città che si rifiutano di collaborare nella ricerca e nell’arresto di persone prive di documenti. Si tratta dello scenario che la maggior parte degli immigrati negli Usa teme dall’elezione di Trump e che ha già portato alla fuga di molti migranti verso il Canada. Nei decreti si prevede anche l’inizio della progettazione e della costruzione del muro (a «spese degli Usa ») lungo la frontiera con il Messico. Si parte da tre punti ritenuti a rischio: El Paso (Texas), Tucson (Arizona) e El Centro (California), tre centri americani cui dall’altra parte del confine corrispondono altrettante città messicane: Ciudad Juarez, Nogales e Mexicali.
Intanto si assiste ad un’impennata delle domande di cittadinanza da parte dei detentori di “green card”, o residenza permanente. Sebbene questa categoria non sia toccata dalle nuove direttive, gli avvocati e i centri di assistenza ai migranti di Los Angeles, New York e Chicago segnalano un aumento di venti a trenta volte dei casi di stranieri che vivono da decenni degli Stati Uniti e che si sono finalmente decise a sottoporsi all’esame d’inglese e di diritto e a sborsare 700 dollari. Il tutto per ottenere un passaporto americano.