Mercati. Guerra dei dazi di Trump: ora tocca ai Paesi in via di sviluppo
Il presidente Donald Trump (Ansa)
Anche le nazioni più povere del mondo rischiano di essere direttamente colpite dalla svolta protezionista degli Stati Uniti di Donald Trump. Il presidente americano lo scorso ottobre ha incaricato Robert Lighthizer, il suo attivissimo rappresentante per il commercio, di adottare un approccio «proattivo» per garantire alle imprese americane di potere competere a condizioni eque sui mercati internazionali.
Rientrano in questo approccio lo scontro commerciale con la Cina e i dazi sull’acciaio applicati sul totale delle importazioni. Ma Lighthizer, ha spiegato il Wall Street Journal, sta anche rivedendo il ‘Sistema generalizzato di preferenze’ (Gsp, secondo l’acronomico inglese), cioè il programma attivo dal 1976 con cui gli Stati Uniti non fanno pagare i dazi a migliaia di prodotti importati da nazioni in via di sviluppo, con l’obiettivo di aiutarne la crescita economica. Sulla lista ci sono centoventuno Paesi. Un programma analogo esiste anche in Europa.
Lighthizer ha iniziato a studiare le concessioni fatte a venticinque Paesi dell’Asia e del Pacifico, mentre il prossimo autunno toccherà a quelle di Africa e Medioriente. I primi risultati della revisione in corso fanno capire dove si andrà a parare: Washington intende utilizzare anche quest’arma nelle trattative bilaterali con gli altri governi e ottenere concessioni commerciali su pressione di alcuni gruppi di aziende. India, Indonesia, Kazakhstan e Thailandia sono i primi quattro Paesi su quali la rappresentanza americana ha deciso di avviare una revisione approfondita per valutare se queste nazioni possono davvero rimanere dentro il programma Gsp.
L’industria del latte e dei formaggi e quella delle tecnologie biomedicali hanno chiesto di agire contro l’India perché non garantisce un accesso equo ai loro prodotti. I produttori di carne di maiale americana hanno invece chiesto di agire contro la Thailandia perché non offre condizioni di mercato eque ai suoi prodotti. Gli allevatori thailandesi hanno scritto a Trump facendogli presente che il loro mercato soffre già di un eccesso di produzione e aprirlo causerebbe un «disastro inimmaginabile» sul sistema suinicolo nazionale. Sull’Indonesia ci sono problemi per l’industria americana dei servizi, con il Kazakhstan sugli investimenti.
La rappresentanza americana per il Commercio ha da sempre l’autorità per decidere dell’eligibilità di una nazione al programma Gsp, che copre importazioni pari a vale meno dell’1% dei 2.200 miliardi di dollari import totale annuo americano. Nessuno Stato per ora si è visto cacciare dal programma, ma vista la linea dura perseguita dall’amministrazione Trump sull’acciaio e con la Cina in molti si stanno preoccupando.