Mondo

Iraq. Tregua in Kurdistan, ora Baghdad tratta

Luca Geronico sabato 28 ottobre 2017

Corteo a Bruxelles della diaspora curda a sostegno del Kurdistan (Ansa/Epa)

«Sappiamo che c’è un cessate il fuoco». L’annuncio, fatto in una intervista all’emittente curda Rudaw tvdal colonnello Ryan Dillon, restava ufficioso per poco più di un’ora. Era lo stesso portavoce della coalizione internazionale anti-Daesh a guida Usa, a dover poi precisare che le parti si stavano parlando, ma che non era ancora stato raggiunto un accordo. Poi, come un timbro ufficiale a spazzare via ogni imbarazzo, da Baghdad giungeva l’ordine del premier Haider al-Abadi di sospendere per 24 ore tutte le operazioni militari contro le forze curde. Un primo segnale concreto, dopo la proposta del governo regionale del Kurdistan di congelare il referendum e la dura replica di Baghdad che chiedeva, prima di aprire ogni trattativa, di annullare la consultazione. Un cessate il fuoco da estendersi il più possibile, auspicava la coalizione internazionale, in modo che le due parti possano «riorientarsi» sulla guerra contro il Califfato. La tregua, precisava un comunicato del primo ministro iracheno, è stata fatta per consenti- re l’insediamento delle autorità irachene ai valichi di frontiera sinora controllati dall’autorità regionale curda.

Gia ieri, riferivano fonti locali, gli scontri erano cessati intorno alla città di Zummar, a nord-ovest di Mosul, dove nei giorni scorsi si erano registrate due vittime anche se la tensione rimane alta tra gli schieramenti in campo. Le forze di Baghdad cercano di riprendere il controllo di aree conteste a nord di Zummar, e di muovere verso il valico di Fish Khabur, strategico valico con la Siria e nei pressi del confine turco che si trova sulla rotta di un importante oleodotto. Una fine dei combattimenti dopo che l’esercito aveva dato «un paio d’ore» ai peshmerga per lasciare la zona intorno al valico. Secondo ricostruzioni giornalistiche già giovedì sarebbe stato formato un «comitato militare» composto dai comandanti militari dell’esercito, delle milizie sciite del risveglio popolare e dei peshmerga curdi come primo passo per un «negoziato politico». Gli sciiti, afferma il sito di Rudaw tv, avrebbero dichiarato di essere contrari a una guerra civile, considerata «haram», proibito. Tuttavia molti di coloro che sono fuggiti da Kirkuk, Tuz Khurtamu sono civili curdi e arabo-sunniti che hanno trovato riparo a Erbil o Sulaymaniyah e che ora temono delle violente ritorsioni ciobntro di loro da parte delle m,iliziae sciite del Risveglio popolare che, in molti casi, hanno già demolito le loro case e le loro scuole. Tutto questo mentre prosegue nell’ovest l’avanzata delle forze governative verso gli ultimi bastioni del Daesh nel Paese: le forze federali sono arrivate 25 chilometri a sud-ovest di Al Qaim, valico di confine con la Siria.